sabato, marzo 31

Closing walls and ticking clocks

scritto e archiviato sull'holodeck
[ Scarlet Pursuit - cabina ]


Non mi era mai successo, fino ad ora.
O forse sì, m'era successo, ma con gente di cui non conoscevo né il nome, né il volto.
Qualche sera fa Vergil mi ha mandato un messaggio audio sul pad per chiedere soccorso: lui e Mughain si sono messi nei guai.
Ero talmente fatto da non rendermi conto di nulla. Nulla.
Ho sentito tutto dopo, impiegando un paio d'ore a riprendermi (temo d'aver esagerato, sì).
Sono un coglione eccezionale, davvero.
Potevano morire.
Io...
È la prima volta che avverto, nel profondo, un'avversione animale per la morfina. Prima di oggi, non avevo mai avuto persone comprese nel mio cerchio vitale, sulle quali ricadessero le conseguenze allucinanti dei miei atti idioti.
In ogni direzione mi muovo, risveglio un casino. Devo esistere in solitudine, questa è la verità.
Cristo santo.


Miss Winter mi ha domandato di andare al funerale di Blackbourne e di portare i suoi 'saluti' alla salma. Non in via ufficiale, credo.
Recarmi alla cerimonia era la penultima cosa che aspiravo fare. Recarmici per qualcun altro, l'ultima.
Ma, in fin dei conti, bene così.
Sembrano, tutti, non tenere in considerazione un fatto: Donna Winter porta un lutto equivalente a chiunque altro. La trattano alla stregua d'una carnefice (?) e nemmeno uno che si fermi dieci secondi a riflettere; magari deve addomesticare anche lei qualche vuoto interiore, adesso. Né più né meno di gente maggiormente 'umana'.
Non sono nella posizione di porle delle condoglianze, ma se potessi, lo farei.
Quasi sinceramente.
Il campanilismo lavorativo non c'entra. Detesto le semplificazioni arbitrarie. Detesto trovare un simulacro alle proprie ire e rivestirlo di colpe, nell'impotenza di contrastare il vero nemico, qualche che esso sia.
Donna Winter è diventata il simulacro.
Dalle missive compassate, dalla reazione al Roadhouse, credo d'aver compreso quanto la situazione la prostri umanamente. Nonostante l'espressione inviolabile e diplomatica.
Magari è davvero spietata.
Ma questo non le impedisce di soffrire.
Il dolore non è etico. Il dolore non è migliore o peggiore a seconda del petto che lo ospita.
È solo dolore. Punto.

Quinn (il cui nome assurdo, completo, mi solleva il morale), l'amica di Eir, ha constatato che sarebbe meglio spegnere le braci sul passato. Non restituire mai a Verdiana quel browncoat, le chiavi dell'appartamento su Horyzon.
Ho cominciato solo ora ad avvertirne l'esigenza, però, con forza. Dopo anni.
È come se Eir avesse scoperchiato il vaso di Pandora.
Gli spettri scappano, uno dopo l'altro.

(c'è la speranza, in fondo?)

William era una bella persona, non meritava di morire. Non è vero che nessuno merita la morte. Alcuni sì, la meritano. Molti. William no. William meritava di vivere e avrebbe vissuto in un modo così pieno da non lasciare briciole.
Avrebbe reso sensato, celebrabile, prezioso, ogni secondo della propria esistenza.
Già.
Lui.



***

-Pensi mai a quanto siamo stati fortunati?-
- Mh?-
- Sì, ad avere la possibilità di starcene qui a parlare, dando buca ad appuntamenti noiosi, bevendoci addosso, sciupando soldi. Il lusso di coltivare il cervello...-
Il mare di notte respirava; una grande ala nera e pulsante lambiva la spiaggia con una schiera di piume frementi. La calotta celeste, l'oceano, un'enorme volatile scuro addormentato sulla sabbia di Horyzon. William, il maglione di lana rossa deliberatamente grande, rigirava una pietra tra le dita affusolate, avvolgendola col proprio sguardo celeste e ispirato. Sempre ispirato, anche quando andava a pisciare. Almeno, questa era la conclusione che aveva ricavato Eleazar dalla loro secolare amicizia.
- La possibilità... - Will continuava, con la voce morbida, bassa, inconsciamente impostata - ... insomma, pensaci. Se fossimo nati nel Rim, in quel casino, in mezzo alla necessità selvaggia, in mezzo... in mezzo all'oppressione... Invece studiamo nella City, con le nostre comodità, con la facoltà di dedicarci al meglio. Tutti i soldi delle famiglie, di cui non andiamo fieri, sostengono in realtà il disgusto per il sistema e... Vedi, la fortuna di poterci trovare qua, io e te, non abbiamo fatto nulla per meritarcelo, capisci, di trovarci qui...Non è scontato, è una cosa che capita, arbitrariamente...-
- Di' un po', hai infilato la testa nella pozza delle banalità stasera?-
Il tono di Eleazar era incisivo tanto quello di Will scorreva vibrante. Si destreggiava in note acute, sulle vette gelide dell'alta frequenza. Ritter piegò le gambe sulle proprie parole, e lasciò oscillare la sigaretta in mezzo ai denti, ammainando le palpebre nel vuoto. Il pullover nero, stretto, col collo alto, gli prudeva sotto la gola. Un braccio magro svicolava alla ricerca del vino.
William si voltò a guardarlo. Le sopracciglia folte, i capelli biondi e lunghi tirati in una coda, la barba fulva orgogliosamente coltivata in mesi di calcolata trasandatezza.
L'espressione spiazzata, eppure pronta ad affrontare le glaciazioni quotidiane. Oramai...
Dilatò le pupille fino a rendere lo spirito visibile.
- Banalità? Ti sembra una cosa banale?-
- È una cosa banale. Non 'mi sembra banale'. È banale, Will.-
- Oh... - William gettò via il sasso, che rimbalzò sul bagnasciuga. Il sasso scomparve tra i flutti lenti ed inesorabili. Sorrise, rassegnato: sui suoi discorsi pendeva la medesima sorte della pietra. Il volto animato, sempre prodigo a restituire l'anima, si destreggiò in un mirabile esempio di malinconia. Sdraiato sulla sabbia umida, chiese asilo alle stelle.
Eleazar sedeva, le gambe raccolte ed i gomiti sulle ginocchia; non si prese la responsabilità di replicare al profondo e prostrante monosillabo dell'altro.
Preferì fumarsi il proprio silenzio.
Fino a nuovo ordine, certo.
- Non hai mai...-
- Will, per piacere!-
- Andiamo! Che c'è?-
- Dirai un'altra stronzata?-
- ...-
- ...-
- ...-
- Will...-
- ...-
- Adesso non fare l'idiota e parla-
- Okay...-
- ...-
- Per te era davvero banale? Banale?-
- Sì-
- ...-
- ...-
William lasciò affondare la testa a terra, immerso in un circo di luci astrali, sotto il peso del cosmo vivente. La maledetta ispirazione di Keynard.
- Non avverti mai un... profondo senso di gratitudine verso la vita?-
Ritter soffocò il filtro al suolo, nel freddo, nel niente.
Disegnò una linea spezzata col dito magro, sulla sabbia cedevole.
Si strinse nelle spalle.
- No-