sabato, marzo 10

the never-ending why

scritto e archiviato nella memoria dell'holodeck
[Hall point - monolocale]


Sono tornato a casa in condizioni pietose. 
Pietose. Ho bevuto in maniera imprevedibile. Nessuna intenzione di ubriacarmi, in principio: è venuto da sé. Ora, dopo una mezz'ora radiosa passata in bagno e quattro caffè, comincio a carburare decentemente. Montezuma presiede le mie ginocchia in una profusione di fusa. 

Ho passato la giornata su Greenfield, a cercare Verdiana. Niente, ovviamente. Adesso che avrei più urgenza di vederla, di capire, di parlarle. 
Lui era innamorato, incredibilmente. Non gli credevo. Facevo male. Se penso a tutte le assurdità che gli ho sputato in faccia, presumendo di sapere. Sapere cosa? 
Non sapevo niente. Non ho mai saputo così poco nella mia intera esistenza.  
Forse, prima o poi, dovrò tornare su Corona. Andare dalla famiglia di William, andare al cimitero a trovarlo. È  necessario; per me, per lui. 
A volte mi capita di restare nel silenzio della stanza e sentire quella sensazione, quella tremenda sensazione avvertita durante il ricovero: quasi che la realtà sfrigolasse, simile ad una radio priva di segnale, ad un televisore in assenza di frequenze. E poi, da dietro un angolo, William che compare, che ritorna. Per fortuna le allucinazioni non mi fanno più visita dalla dimissione. L'esperienza si blocca lì, in una sorta di disturbo grigio e pressante che affoga dietro la porta del bagno. 
Nessuna visione. 
Se ricominciassero le allucinazioni? Gli incubi? Il sangue? Il panico? 
Meglio non pensarci.
Verdiana non è rintracciabile, almeno con i miei mezzi scadenti. Forse dovrei chiedere a Donna. Possiede vie trasversali per risolvere qualunque problema. Sono certo che miss Winter la troverebbe per me. Ma non ho idea se, seriamente, sono pronto per un momento simile. 


Al saloon ho incontrato Lydia. Era un bel po' che non le parlavo. Ci siamo fatti una chiaccherata ai limiti della sopportazione. Quel libro per bambini che le avevo prestato, 'Il piccolo principe', deve averla colpita più di quanto, all'epoca colpì me. Ora che lo sfoglio, di nuovo, mi accorgo di come certe cose, al momento sbagliato, non le si possa comprendere. 
Addomesticare una persona alla propria presenza è una forma sofisticata di sadismo. 
Abbandonarla e lasciarle in dote il colore del grano, un'altro senso a quel colore, è una crudeltà sconcertante. Nessuno trova consolazione in una roba simile. Il colore del grano, nella vita reale, non sarebbe un dono, sarebbe un tormento continuo, estenuante.  
Almeno, per come la vedo io. Non ho mai sperimentato la questione. 
Lydia sì, due volte. M'ha confermato nella mia assoluta, inderogabile ragione. 
Le ho chiesto: ne è valsa la pena? Non ha saputo darmi una risposta precisa. Non la biasimo, immagino non vi sia. 
Eir è partita per Safeport, starà via una settimana. 
Ho una settimana per capire. Per decidere. 

L'ho lasciata imbarcarsi con una ferita lunga tutta la coscia. Una falciatrice, dice lei. Un paio di centimetri e le recideva la femorale. Un paio di centimetri di muscolo m'hanno separato, in quell'istante, dalla possibilità di perderla. Focalizzando il fatto,  ho avvertito una sorta di euforia, una nausea violenta. 

Quando ho lasciato il saloon ero già decisamente in là. Quanti whisky ci saremmo fatti con Lydia? Quanti doppi whisky, ad essere precisi. Possibile che di questi tempi la gente sia completamente alcolizzata ovunque, sempre, comunque? 
È  una persona a posto, Lydia. Parlarle è stato liberatorio. E m'ha aiutato a sistemare un paio di punti al discorso. È  piacevole avere simili colleghi.
Sono arrivato allo skyplex in mattinata. Sceso allo spazioporto ho incontrato Ballantyne, il pilota della Kijitsu, o qualunque sia il suo nome dopo la promozione di Neville a capitano. 
Ryder mi ha invitato a sedere e m'ha precipitato tra le mani altro whisky. Alla fine della giostra mi sentivo un tacchino farcito. Non capivo assolutamente niente. Niente. Rammento a singhiozzi che gli ho confermato la mia adesione all'equipaggio, ad esempio. Con un po' di impegno metto assieme stralci di discorsi riguardanti me, la mia situazione, il mio carattere rinunciatario. 
Le persone sono prodighe di buoni consigli. Sensatissimi. 
Il problema è che c'è sempre quel millimetro di scarto tra la mia realtà e le loro, giustissime, considerazioni. Dove stia lo scarto, non è in mio potere capirlo. 

Ho letto un annuncio. Cercano fotografi. Sono tentato di accettare. Nonostante il lavoro mi soffochi completamente, dappertutto, ho resuscitato una necessità fisica di scattare. 
Descrivono la cosa in termini nobili e lusinghieri che poco o nulla mi si confanno. Però il desiderio di tornare a produrre bellezza mi spinge a buttarmi. 

Imbarcarmi come membro dell'attuale Kijitsu è stata una scelta dettata dalla necessità di togliermi il più possibile il vizio di affezionarmi ai posti e alle cose. 

"Ciao El, come stai? Raggiungo Verdiana per qualche giorno. Ho in mano tutto, niente mi separa dal fronte, oramai. Abbiamo atteso a sufficienza, o no? Mio padre ha chiamato il tuo, ieri. Non sono riuscito ad estorcergli cosa si siano detti. Se fossi lì, potremmo ricostruire minuziosamente la conversazione per tutta la notte. Avrei pagato per sentirli, peccato che m'abbiano tagliato i fondi giusto qualche giorno fa (ma questo te lo avevo già detto, scusa). Se puoi pagare tu, al posto mio, sai quanto potrebbe valerne la pena. Ti scrivo e sono in viaggio. Hai letto quel libro che ti ho consigliato? So che lo hai letto. Pensi che Hirden abbia ragione? Io, salvo qualche piccola imperfezione, trovo il discorso eccezionalmente calzante. Non condivido molto il capitolo in mezzo (sicuramente avrai capito a cosa alludo), la parte sulla morale di guerra. Mi dispiace ancora per il tuo naso. Più ci penso e più mi dispiace. Ti ho reso incredibilmente affascinante; per me sarà difficile sopportare la tua sfavillante presenza. Dunque dunque... Hai presente l'unità di memoria che ho lasciato sul comodino di camera? Se non è sul comodino è dentro la tasca dell'impermeabile. Insomma, cercala e mettila da parte. I miei verranno a saccheggiare la casa e non voglio che si portino via certe cose. Preferisco le tenga tu. Le scatole che ho potuto portare con me le ho portate. Le altre sai dove sono. 
Tu che pensi di fare? Baloccarti nel tuo enorme titolo accademico sino a data da destinarsi? Hai preso contatto coi Ribbons? C'è un tipo della tua facoltà che voleva partire anche lui, magari facci due parole. So che conoscendoti ti sto domandando l'impossibile, ma abituati all'impossibile in tempi brevi: non si va di sicuro a passarcela bene, al fronte. Ti aggiorno stasera, adesso devo scendere e ho una marea di bagagli ingestibili tra i piedi.
Ps: La ragazza delle terrazze ti ha cercato ANCORA al mio contatto. Ti giuro su dio che alla prossima occasione non ti reggo il gioco un minuto di più. Meno male parto per la guerra"
William non mi ha più scritto, dopo quella volta. Un paio di rapidi messaggi sotto le bombe, per dirmi che stava bene, che respirava ancora. Mi domando perchè abbia anticipato la partenza. Diceva 'qualche giorno' e si imbarcò la sera successiva. Penso che Verdiana volesse trattenerlo ed è dovuto fuggire prima di lasciarsi convincere a restare. 
Anche lui, aveva addestrato la volpe, suo malgrado.