martedì, marzo 27

This revolution, baby, proves who you work for lately

scritto e archiviato sull'holodeck
[Hall Point - monolocale]



È  tornata.
Le ho dato il quaderno (che le è piaciuto), le ho dato il bracciale (che le è piaciuto meno).
Ieri, oggi ho vegetato a casa, non ho fatto nulla se non guardare fotografie, bere, fumare, dormire, morfina.
Molto tempo dall'ultima volta in cui ho riposato.
Riposato, poi.
Riposo?
Sono crollato in coma per venti ore, senza un bisogno, senza un sogno, senza un segno, niente.
(devo contattare Vergil: anticipare le partenze, lasciare questo posto)
Mi sono alzato a fatica, imbevendomi di caffé sino al midollo.
Adesso sono qui.
Nella stanza aleggia il suo odore, dappertutto.



Ho abbandonato le lenzuola a fatica, la stessa fatica con cui ieri mattina le ho concesso di andarsene.
Il suo odore, ovunque. 
Addosso, sino al midollo. In bocca, tra le dita. 
Ho calato la maschera ai suoi piedi, ho calato il sudario di spine, deposto le barricate. 
Inutile. 
Non m'era mai successo, mai. 
È così bella, così assurda, così diversa dal resto. 
Quando cammina risveglia gli spiriti, quando mi tocca resuscita i morti. 
C'è tanta violenza nel voler esistere, tanta violenza pulita, radiosa, nell'universo... nella vita dell'universo, ostinata, incosciente, intransigente e avida. 
Una violenza splendente. 
Eir è quella violenza. 
Non è la violenza che annienta, che imbianca, cancella, sopisce, ignora, annichilisce (...) 
La violenza delle radici dentro al cemento. Dell'acqua che schianta la diga. Delle stelle che divorano materia. Degli esseri che mettono le ali, rompendosi la schiena. 

Innamorata di me. Capisco come qualcuno possa innamorarsi di me, ma non capisco come possa continuare ad amarmi, nel tempo, nello schifo, nelle delusioni, nel disinteresse, nel mio piccolo mondo asfissiato, anestetizzato. 
No. 
Devo rassegnarmi all'unica verità possibile: non se ne andrà da sola. 
Ed io non riesco ad allontanarla. 
Se Eir è presente, tutto è facile. Tutto è luminoso e pulsante. Ogni angolo di dubbio si smussa contro il suo corpo, ogni frammento assume un senso di per sé. La mente, mio miracolo e mia rovina, le mostra i denti invano. Le basta un niente, per acquietare i mostri; un gesto brusco, il suo modo disordinato, grezzo di esprimersi, di pensare...

Ora sono abbandonato al cervello. 
Quante recriminazioni. 
Ma non rimpiango niente, niente di niente. 

Ucciderei per lei. 
Se le accadesse qualcosa, non risponderei più delle mie mani. 
Ho compreso quasi tutto. 
Le parole di Scott al Roadhouse, contro Gibbs accasciato a terra. Eivor che racconta la scena a Murdock prima della diffusione della notizia in cortex. Murdock che 'ero uno dei vostri'. Eivor, la pilota di Eir. Eivor che detesta l'alleanza. Eir che detesta l'alleanza. Scott il capitano di Eir. Eir, la ferita sulle sue splendide gambe (non una falciatrice). Le lacrime di Eir, quando ho insinuato la verità. 'Non fare domande, perché sarò costretta a mentirti, e tu lo saprai. Non farmi domande, perchè per non mentirti dovrei mettere in gioco la tua vita' 
In un certo senso, lo sospetto da principio. 
Tra il dire ed il fare, nella testa di Eir, c'è lo spazio d'un'imprecazione. L'azione spicca fra le sillabe, l'aria agisce tra le sillabe. 
Tutti i proclami con il browncoat imbracciato, potevano rimanere senza seguito materiale? 
Posseggo anche io un browncoat (anzi, due, con quello di Will); sta a Cap City, nell'armadio, a impallidire. Il punto non è ideologico. 
Il punto è esistenziale. 
Se me la portano via, se si azzardano, se si azzarda, se osa spedirla a morire... io lo ammazzo. Lo ammazzo come lui ha ammazzato Gibbs. Come Gibbs ha ammazzato Blackbourne. 
Dovesse essere l'ultima cosa che faccio. 
A differenza loro, a differenza delle loro idee, io, tolta Eir, non ho nulla da perdere. 
Tolta Eir, scomparsa Eir, sono libero di sprecarmi completamente nell'atto di presentargli il conto. 
Una libertà terribile e implacabile. 

Non so se ho mai creduto in quello per cui combattevo. Se ho profondamente, consciamente creduto. 
So che in guerra ho gioito delle loro gioie e ho pianto delle loro sconfitte. 
Ho condiviso il loro colore, le loro frustrazioni, la loro bandiera, la loro rabbia, la loro indipendenza. 
Adesso, però, non conta più. No. 
Conta lei. 
Solo lei. 

Non ho paura di niente.