martedì, giugno 26

Barricade

scritto e archiviato sull'holodeck
[ Capital City - Magazzino ]



"Aggiro l'ostacolo d'una roccia finché non ho abbastanza polvere per farla saltare in aria. Aggiro l'ostacolo delle leggi d'un popolo finché non ho raccolto l'energia sufficiente per rovesciarle"


Lancaster e la signorina Alcot continuano, imperterriti, ad attribuire il nostro rapimento a ragioni ideologiche. Mi domando perchè la gente debba sempre tirare sulla piazza l'utopico, il cerebrale, perchè debba sempre nascondersi tra le sottane dell'intangibile. 
Soldi, ecco tutto. 
Ne ho bisogno, per diverse questioni; ne abbiamo bisogno, con Neville. 
Il motivo per cui ribadisco certi punti salienti del mio ragionamento (trapianti a pagamento, protesi concesse su parcella, brevetti mancati, armi distruttive, eccetera eccetera) è eminentemente logico e razionale. Non sopporto l'ipocrisia del genere umano. Ti guardano dall'alto della loro pedana morale per disadattati sociali, brandendo lo stendardo dell'innocenza, sentenziando in merito alla mancanza di correttezza, giudicando il tuo modo di guadagnare denaro, quando poi le fondamenta del piedistallo su cui si ergono a giudici immacolati sono costruite sull'abuso, sullo sfruttamento scoperto, sui favoritismi di classe.  Il che è lecito, plausibile, non tocca alcuna corda interiore... o quasi nessuna, almeno. 
Ma non venire, dopo, con le mani lorde di sangue trasparente, a sindacare su di me.  
Detesto la violenza alla verità. Alla verità in quanto evidenza.  

domenica, giugno 24

An animal with clothes on

scritto su fogli sparsi, a tratti macchiati di sangue e caffè.
[Horyzon, Capital City - appartamento]



Non capita mai che io avverta lo schifo di scrivere.
Ecco, adesso sì. Lo schifo di scrivere pagine pagine tra il deck e la carta, tra il plasma e l'inchiostro. Tra la verità e la versione adulterata della verità, la versione cadetta, la versione bastarda.
Gli incubi mi colano ancora giù dalle orecchie, sino alle spalle, alle braccia, alla dita, mentre mi godo questo risveglio a freddo della coscienza, fra corpo e pavimento.
Il sonno infestato di immagini, di pelle, di carne, divise, metallo, fiamme, acciaio, inferno; immagini di fischi neri, grida remote, di polvere arida. La polvere, ovunque. Nella camera asettica ne avverto ancora il sapore, mi esce dal naso, dalla gola; me la porto dentro. Sono una scarpa piena di sabbia.
La sabbia di Blackrock, d'un tratto, mi sommerge.


Sudore pallido ed una frequenza cardiaca arroccata attorno ai 170. Il fiatone, da fermo.
Forse quando sogno non respiro. Forse corro.
Probabilmente, quando sogno, scappo.

lunedì, giugno 11

We won't run


I was 27 years old the first time I died. I remember there was white everywhere. There was war and I felt alive, but really I was dead. Sometimes I think we live through things only to be able to say that it happened. That it wasn't to someone else, it was to me.  
Sometimes we live to beat the odds.


scritto su alcuni fogli ingialliti, calligrafia piuttosto ordinata
[ stanza, Maracay, Richleaf ]

Nessun armistizio risolverà mai una guerra. Una guerra si nutre di radici che l'armistizio non intacca. Un armistizio miete la pianta, sino a raderla al suolo, sino a scoprire la terra nuda; un armistizio falcia gli steli, i tronchi, al loro grado zero. Ma il tronco spezzato, lo stelo reciso sono vivi, violentemente vivi oltre la crosta terrestre. Quel vuoto civile, diserbato, di cui ci ubriachiamo, è un palliativo alle nostre paure, alla nostra paura della foresta. Lentamente il vuoto inizia a germogliare, di nuovo, dai monconi. E tutto ciò che abbiamo costruito sull'illusione della calma viene divorato dall'edera, dal verde selvaggio; ogni muro schiantato, il cemento stritolato.
L'armistizio è la potatura drastica di una messe incontrollabile, che rende agibile lo spazio per qualche anno, finché la natura smaschera la beffa. Se non infili le mani nel fango, se non strazi coi denti le radici, la guerra non giunge mai all'epilogo. La guerra produce fiori vistosi, in superficie e l'uomo si perda a distruggerne l'evidenza scintillante, dimenticando il sottosuolo.
Il sottosuolo.