-Ho intenzione di sposarla, Ritter
William sta in piedi, la schiena appoggiata alla balaustra del terrazzo, alle sue spalle il buio incombente, straziato dalle meravigliose luci di Capital City. Sono entrambi sul tetto della palazzina in cui abitano, da anni, il tetto sotto al quale si sono incrociate e fuse assieme, specchiate le une nelle altre, tutte le loro esperienze. Fino ad adesso.
Will è accartocciato nel proprio maglione rosso, quello che lo vestirà costantemente anche nei ricordi. Nelle allucinazioni. Quello delle cose importanti. Ha tagliato i capelli, i bagliori remoti delle insegne, dei lampioni, dei neon covati negli edifici rimbalzano tra le ciocche precise, nette. Prepararsi alla guerra, si comincia dalle piccole cose. La barba bionda gli incornicia il mento, si bagna del riflesso della sigaretta accesa. Gli occhi celesti, solitamente enormi, sono acquattati in un'insonnia nervosa, aggressiva e minacciata. Fissano il vuoto, le antenne in metallo, senza vederle davvero.
Eleazar è lì accanto. In lui, l'insonnia è sfacciata e si siede al centro del volto con languida noncuranza, con disperata abitudine. I capelli paiono piuttosto lunghi, piuttosto reticenti alla quiete, agitati dalla brezza notturna. Sta fumando. La camicia bianca non basta, evidentemente, a schermarlo dai respiri pungenti di Horyzon. Non risponde. Lo sguardo è una linea implacabile, l'ennesima, tra le altre del volto angoloso, glabro.
Sembrano quello che sono: due amici reticenti a dirsi addio, che recriminano fino all'esasperazione, che recriminano sino a potersi concedere il lusso di abbandonarsi senza salutare.