giovedì, dicembre 20

Enterlude exitlude




« El, El, El, aspetta aspetta aspettaaaa... occristo, occristo …»
William si piega, i capelli lunghi per poco non spazzano il pavimento coperto di cocci, lattine collassate, accendini smarriti, chiazze annacquate, impronte di suole, mozziconi accartocciati. Solleva un braccio, a contare il tempo della ripresa; come in un incontro di boxe. Un incontro di boxe disputato in una piscina di rum. Eleazar china il capo, appunta le pupille a spillo sulle spalle dell'amico. Una mano poggiata al palco, il corpo sbilanciato in modo eccessivo, il sorriso sbilanciato in modo eccessivo, gli occhi sornioni e sciolti dall'alcol (eccessivo). 
«Andiamo... andiamo... sei... »
Riflette, cerca il termine, caricando il cervello con movimenti circolari e strascicati della sinistra in sospensione, elegante, abbracciata ad un bicchiere di plastica « … teatrale e... pavido... coniglio » Conclude, con l'espressione serafica di chi sopravvive ad ostici sillogismi. Un frullare del capo, per scansare dalla fronte i ciuffi arruffati.
William addenta ossigeno. Raddrizza la schiena. Barcolla. La mente sciaborda nella scatola cranica, ed il suo portatore non ha altre armi, per bloccarla, che uno sbatacchiare precipitoso di palpebre.

domenica, dicembre 2

Ashes




Un giorno voglio raccontare a mia figlia di quando sua madre uccise cinquanta persone in un'operazione terroristica, cinquanta persone tra cui dieci donne e tre bambini.

Un giorno voglio raccontare a mia figlia di quando potevo salvare cinquanta persone da un massacro annunciato con un messaggio spedito in tempo, dieci parole, dieci minuti e non l'ho fatto.

Voglio raccontarle tutto questo.
E spiegarle perché.