giovedì, ottobre 17

First it Giveth

[Blackrock, valle del Guadalquivir - pressi Santa Cruz, novembre 2506]


Sapeva che sarebbe stato difficile. 

Doloroso. 

Le storie dei romantici della prima ora, dei giovani Corers toccati dalla grazia, arruolatisi in gloria e bellezza, rimandati a casa dalla mamma sfregiati a forza di sputi, di botte, di pallottole; sputi, botte e pallottole elargiti dalle mani degli stessi Rimmer in cui riponevano tante letterarie speranze. Alcuni fuggivano, altri cambiavano fronte; i meno fortunati morivano, molto banalmente. 
Quanto possono valere le idee utopiche, favolistiche, di un ragazzino agiato con troppi libri in testa e pochi calli sulle dita quando si tratta di far presa sull'ultimo anello della civiltà? Servirebbero i calli, non i libri. 
La guerra non era quello che s'aspettavano. Non lo era l'Outer. Le ragioni di quella gente, lo spirito di quella gente. Analfabeti, violenti, iniziavano a 'sopravvivere' appena nati, contro la percentuale che ne vedeva spirare uno su sette al parto, portandosi via madri adolescenti tra sofferenze atroci. Continuavano a sopravvivere, in un luogo in cui il tuo vicino ha ragione di fucilarti se per fame rubi una gallina, se per sete ti sporgi nel suo pozzo, se per errore scopi sua figlia. E oh, bè, se sei un uomo e per errore scopi suo figlio c'è la forca quando va bene, il pestaggio, la lapidazione, le martellate sul cranio quando va male. Un posto in cui le cinghiate a sangue si chiamano 'rigore paterno', la violenza domestica si chiama 'rispettare lo sposo', il femminicidio 'delitto d'onore'. Niente acqua corrente, niente elettricità, niente cortex. Niente uguaglianza, niente assistenza sanitaria; nessun diritto. Un posto dove vige la pena di morte per i ladri di cavalli. Un posto dove si crepa per febbre, si crepa per fame, si crepa per tutto, semplicemente, tra le bestie, come le bestie. 
I miraggi mitici delle anime nobili, partite da Central incoronate di ecumenismo, di fratellanza, di socialismo. Tu, giunto in trincea per scelta, in mezzo a gente che lotta per dovere, per necessità, contro il mondo che ti ha concesso l'agio di scegliere, e scegliere qualcosa che non ti appartiene. Sei come il nemico. Forse, quasi peggio del nemico. Il nemico, almeno, è comprensibile. Al nemico, puoi sparare senza rischiare una sanzione dei superiori. Al nemico bisogna sparare. Tu sei un nemico a cui non si può sparare. 

Eleazar lo sapeva. Lo sa. 

Blackrock è l'orlo estremo del 'Verse. Il peggio del peggio, nel peggio. 
Una manciata di Ribbons, poco più. Dao, lontanissimo. Una manciata di Ribbons; la quasi totalità tornerà indietro dopo un paio di mesi. O non vedrà l'alba del terzo. 

Eleazar Ritter, figlio di Herzog Ritter, magnate della Ritter Water, Ritter Water a cui è appaltata la provvigione idrica, lo scavo di pozzi logistici per conto dell'esercito Alleato, la Ritter Water che fornisce il liquido di raffreddamento rapido alle stesse navi Unioniste che raderanno al suolo Rio Verde, Santa Cruz, decimando i Coats nei cieli della Black Valley. 
Eleazar Ritter, nato su Corona. Ventitre anni, un passato da ricercatore, da scienziato, da 'bambino prodigio'; due lauree, inglese perfetto, mandarino perfetto. Un passato da privilegiato, trascorso al pianoforte, in barca a vela, al volante di macchine di lusso lanciate a 150 miglia orarie. Ha i modi aggraziati di un aristocratico, l'eleganza stanca e rabbiosa del genio irrequieto. Poca barba sul viso. Pochi muscoli sulle braccia, sulle spalle. 
Eleazar Ritter scende dalla Paris IV agli sgoccioli del 2506; e scende all'inferno.

Non pensa, quando sbatte la faccia a terra, sputando sangue, sputando bava, sulla rena secca della valle del Guadalquivir. O almeno non pensa a se stesso, non pensa ai perché, non pensa a come cavarsela. Il sole gli brucia la nuca, la testa, la schiena. O forse sono le botte, il dolore che impasta i nervi a piene unghie. Le braccia esili lo tengono sospeso in un tremito che oscilla tra il collasso e la rabbia cieca. Ansima. Tossisce. Le dita si aggrappano alla sabbia, pianta gli stivali, slitta a vuoto per alzarsi piedi. L'ennesima volta. Si stenterebbe a crederlo: una creatura tanto delicata e sottile in apparenza, possiede una simile caparbietà suicida, sproporzionata alla propria resistenza fisica. È nobile, Ritter. Se la porta addosso, gliela sbatte in faccia, la nobiltà; l'arroganza lo sostiene. 
Stanno urlando. Intorno. Eleazar non li sente, non più. Se sono insulti, saranno i soliti insulti. Il solito disprezzo. La solita furia. Li contano morire giorno per giorno gli amici, i fratelli, i i compatrioti. Li vedono. Ammazzati da gente come lui, da Corers venuti a consumare la loro terra, la loro generazione migliore. E Ritter, solo, sul confine difensivo a centonovanta chilometri da Santa Cruz, rappresenta tutto quello che odiano, a fine giornata, quando l'odio colma la misura, l'impotenza, la smania delle retrovie arroventate da un conflitto inarrivabile, poche centinaia di metri più avanti, in prima linea. 
Non pensa quando si raddrizza sulle ginocchia; le narici hanno uno sbotto di rosso, due fiotti amaranto ruscellano sul pallore sbarbato, il mento glabro, la camicia sporca di fango. Il sopracciglio spaccato, i capelli frammisti a carne fresca pestata, ammaccata come una pesca acerba. Quattro, cinque, sei gocce picchiettano al suolo. Le voci. Le urla intorno. 
Un'immagine schizza da tempia a tempia, qualcuno lo spintona; allunga la destra, la agita confusamente, nell'orgoglio dell'intoccabile. Un'immagine: è Will, su Shadetrack; la testa bionda si confonde con l'orizzonte ocra di Blackrock, instabile dentro gli occhi chiari di Eleazar. Will; timoroso, affabile, sensibile, abituato ad avvalersi d'uno splendore non più spendibile, non qui, non adesso. Will, abituato ad essere amato. Non è il dolore, per Ritter. Pestaggi, ne ha subiti a dozzine, risse. Sviluppi d'un cattivo carattere. Dopo tutto, una spranga non farà mai male quanto una lastra d'asfalto e l'ennesima manovra avventata d' una Cyclone 160 lanciata al limite. Non è il dolore, non solo il dolore. 
Serra i denti. Soffia un filo di bava tinta di scarlatto, che si schianta a terra. 

« ma guardate questo culo rotto di.... come cazzo si chiama quel posto di culi rotti, Sparrow? »

Marlowe è un pezzo di granito sudicio. Alto quanto Eleazar, ha geometricamente le spalle il doppio delle sue. Il muso schiacciato come una latta acciaccata contro uno spigolo. Le latte delle razioni. Puzzano, fanno schifo. Ti ribaltano le viscere. 

« Corona, aye »

Qualcuno fischia. Chiunque fischia. Il fischio greve tirato per una donna, per una troia. I fischi aumentano quando Ritter riguadagna la posizione retta, arroventando lo sguardo verde elettrico, sfocato nel caos dei traumi ripetuti, nel sapore del metallo. Costole spezzate. Ematomi. Li calcola inconsciamente prima di percepirli addosso. Persino le sue orecchie, una spezzata al lobo, stanno fischiando. Forte, fortissimo. 

« Corona che nome del cazzo. Non sei d'accordo, stronzo d'uno sciacallo del cazzo? »

Marlowe carica, ancora. Le scudisciate di sole, a picco, a trentacinque gradi, sulle piastrine del 'rocker rimbalzano dentro le pupille di Eleazar, in un battito di luce. I cori continuano a sollevarsi, sostenuti dalla polvere. Sta per arrivare; ancora. Di nuovo. 
Ritter sorride, un sorriso impervio, scriteriato, che spezza ad uno ad uno i tiranti della lucidità. Raspa il suolo. 

« Allora culo rotto? Ti hanno mangiato quella cazzo di lingua? »

« Parli molto.... per uno col.... col culo ed il cazzo sempre in bocca, Marlowe »

La battuta è volgare e sottile. L'inglese di Central impenna verso il cielo, una sviolinata bellicosa in mezzo alla bolgia di duemila tamburi. Naturalmente Marlowe non afferra la complessità del sarcasmo (ed è per questo, forse, che in una squilibrata alchimia Eleazar disarticola il sorriso in una risata sconnessa). Basta ed avanza la semplice superficie. Il soldato molla un cazzotto nello stomaco al giovane dottore, da piegarlo in due. Lo piega in due, effettivamente. Gli strappa una pozza di acido gastrico dalla gola. Ritter frana in ginocchio. Regge l'addome. Spreme a furia di denti il labbro dilaniato, per non piangere. 
Non c'è ossigeno. Non c'è pace. Non c'è fine. Non c'è soluzione. Il gioco funziona sempre allo stesso modo. Pestaggi, finché c'è tempo e voglia di pestare. Finché ci sono volontari. Le loro facce deformi in un cerchio, in un circo brutale, una centrifuga marrone, ocra, stopposa. Vomito. 
Finisce quando muori o quando loro sono stanchi. 
Una pedata. Un'altra. Le unghie raspano la rena, sin dove diviene solida. 
Ed Eleazar lo pensa, mentre perde la connessione con la ragione, ponte a ponte. Trema, trema e sorride perchè nel cervello culla la scena implacabile degli Avengers, degli Shangdi, delle batterie lanciasiluri, dei laser a doppia calibratura. Le armi perfette di casa propria, le armi dell'esercito alleato, nella loro pulita efficienza sterminatrice. Questa sarebbe Blackrock? Queste le falangi di Blackrock? I bastioni dell'indipendenza? Tutto qua? Catapecchie? Bifolchi? Sassi? Cavalli? Eleazar lo pensa e lo sa: i coats perderanno la fottuta guerra. La perderanno. Non possono vincerla. È scientificamente, matematicamente stabilito. Lo sa mentre annaspa dentro una sabbia fatta fango dalla sua bava. Trema e sorride di nuovo. Ride di nuovo. 

C'è un fucile. Ad un metro da lui. È scarico. 

Marlowe indietreggia.
Arringa la massa, un sorso di tequila. Loro, la loro tequila di merda. Quando arriverà l'aviazione. Quando l'artiglieria pesante. Quando le truppe specializzate. Quando le armi chimiche, i perforanti... oh, lui lo sa, le granate a frammentazione compatta, le granate a frammentazione diffusa. Lo sa. Sa sempre tutto prima che accada. 

C'è un fucile. La destra striscia, trova la canna.
Marlowe ritorna. Scrocchia il collo, le nocche. 
Eleazar inchioda le punte degli anfibi alla crosta della valle. Non è mai stato un grande giocatore di polo. Eppure, una cosa la ricorda: per conferire forza al colpo, il polso parte morbido per irrigidirsi sul finale. Il braccio accompagna il polso, dal gomito alla spalla. Una curva elegante. 

Il calcio del benson si schianta contro la mascella di Marlowe. Una mazzata magistrale. La migliore della carriera. Ritter brandisce il fucile dalla cima. Oscilla, in piedi, mentre il 'rocker incespica e cade. 


Il peggio, per Eleazar, arriverà tra poco. Se l'è guadagnato.