martedì, aprile 3

My god damned Damaris


scritto e archiviato sulla memoria dell'holodeck
[ Scarlet - cabina ]

A breve torno a lavoro. 
Un bene: impegniamo la testa.
Devo gestire diversi progetti per hall Point.
Gli upgrades dell'infermeria, ad esempio.
Ho proposto a miss Winter il progetto sulla psichiatria, sulla consulenza psicologica. Pare averlo accolto in maniera positiva. Foster ed io ci stupiamo sinceramente del numero imbarazzante di spiantati che ci capitano tra i piedi. Non è raro che mi porti la weyland in studio. Foster è meno sospettoso nei confronti dell'umana natura.
Tra un caffè e l'altro, mi ha interrogato se avessi la testa per un lavoro simile: gli ho mentito (magistralmente), dicendo di sì. Le competenze accademiche non mancano; il mio internamento in clinica costituirebbe un handicap sufficiente, però.
Di recente ho sfogliato il diario che la dottoressa Kaprow mi impose di stendere su Elerìa.
Non l'avevo mai fatto, negli anni successivi alla dimisisone.
L'assenza di Eir mi porta a compiere gesti inconsulti.
O forse è la sua presenza, non lo so, a rendere tutto inconsulto.
Già.
Rileggermi non è stato semplice.
Ho avuto lo stomaco di ingoiare un paio di pagine, forse.
Basta.



Imbastisco progetti, non è da me.
Spero che la questione della psichiatria conduca buoni frutti.
Non rifletto mai.
Calare qualcuno sul lettino è da irresponsabili; non posseggo armi per difendere me stesso dai mostri del sottosuolo, figuriamoci un terzo...
No, non mi so difendere, ma so attaccare. A ritmo insostenibile.
Attacco senza lasciare al resto lo spazio del contropiede.
In tutto ciò, mi consumo.
Però funziona.

Questo progetto è il mio modo di attaccare.
Sarà difficile conciliare tutto quanto; la nave, l'infermeria, la droga, Eir. 
Sempre che Eir torni. Stamattina, sul soffitto pulito della cabina, ho trovata raggrumata la paura di giorni e giorni, ignorata, negletta. M'è gocciolata addosso inesorabile, sotto il proprio peso, mentre tentavo di stanare il sonno in mezzo alle lenzuola. Quante volte ho pensato di fuggire? Di scomparire? Potrebbe averlo pensato anche lei. 
E averlo messo in pratica. 
Se non ci fosse la lettera, certo.

"Non basta usarsi allo stremo per la libertà. Lo devo fare con il tuo amore nelle vene"

Eir non scappa. È fedele, fino a morirne. Impavida, in modo disarmante e destabilizzante, per un codardo emotivo come me. Mi manca. Ho riletto quelle parole cento volte, duecento volte. 
Trecento volte.

"Non basta usarsi allo stremo per la libertà. Lo devo fare con il tuo amore nelle vene"

La facilità eccezionale con cui utilizza la parola 'amore', la facilità eccezionale con cui utilizza la parola 'libertà'. Non c'è niente di concettualmente complesso, per Eir, nell'amore e nella libertà. 
Sono pulsioni, contrazioni dell'anima, energie terrestri, concrete, vibranti. 
Si sentono, non si pensano. Si sperimentano. 
Si avvertono, si urtano, s'abbracciano, si respingono, si soffocano e si toccano. Ma non v'è stranezza razionale, in esse. Nulla di complicato. 
Per me è talmente diverso. 

"Non basta usarsi allo stremo per la libertà. Lo devo fare con il tuo amore nelle vene"

Mi domando che diritto abbia di indossare il mio nome nelle sue battaglie. Di combattere a mio nome per un futuro a cui non voglio, non posso prendere parte. 
Siamo sbagliati, in maniera imbarazzante. 
Sarei bugiardo se ignorassi che un giorno o l'altro le spetterà scegliere. 
La scelta è il cardine, il fulcro della vita. 
Perciò io non scelgo mai, credo; ho abiurato alla scelta. 
Posticiperemo il momento rivelatore all'infinito. Un giorno l'esistenza mi domanderà di saldare il debito con i miei vizi e qualunque problema diventerà comicamente anacronistico. 
Non la voglio. 
La chiarezza, intendo. Finché i fatti basteranno a scusare le parole non c'è bisogno di nient'altro oltre lei, la sua presenza soffocante fra le mani, per conferire senso al caos. Non esiste semplicemente l'esigenza di un senso, ora che ci penso.
Va bene così. 

"Non basta usarsi allo stremo per la libertà. Lo devo fare con il tuo amore nelle vene"

Va bene così? 





*il file contiene anche un abbozzo di lettera, lasciata a metà


La rivoluzione, Eir, si fa in onore del domani.

Non ho niente da darti, dentro, se non quello che ci hai messo tu. Non ho niente da dare ai giorni che verranno. E con questo vuoto, il mio vuoto, da quando sei arrivata, a volte non so più conviverci. Dovrei detestarti, credo.
Invece...
Odio la tua guerra perché ti allontana da me. Non esistono motivi ideologici. Odio i tuoi compagni perché condividono con te [incompleto]

Sul campo di battaglia non portare il mio nome in petto e l'amore in vena. Non me lo merito, non ho fatto nulla per meritarlo. Non appartengo al futuro per cui combatti