venerdì, aprile 27

Racing like a pro

scritto e archiviato sull'holodeck
[ Hall Point - Monolocale ]



Ho fatto stampare due copie delle fotografie.
Quelle per Roona, le ho consegnate regolarmente nella cartellina nera, precise, impilate, tra l'odore fresco di inchiostro sintetico. Le mie giacciono sparpagliate sul tavolo dell'appartamento, fra le bottiglie vuote, un paio di fialette asciutte, polvere bianca e tabacco sbriciolato.
Le studio, una ad una; specialmente i ritratti.
Evito di guardare quella dell'ospedale. Tutte, ma non quella dell'ospedale.
M'hanno buttato fuori senza che avessi il tempo di reperire più prove (ovvio). Deve essere pratica comune, il commercio d'organi, quando sei considerato alla stregua d'oggetto da macello od esposizione.
Non mi indigno.
Indignarsi è così sciocco. Loro non si ritengono uniti dalla mancanza di libertà; gli schiavi di Clackline non percepiscono se stessi come un gruppo accomunato dall'oppressione e dalla privazione di dignità. Anzi. Tendono a rimarcare le differenze che li scindono in base a istruzione, censo, mansione: camerieri, attendenti, ballerine s'avvertono maggiormente prossimi ai loro padroni piuttosto che ai minatori, ai raccoglitori, ai braccianti agricoli. A loro volta, i manovali, quelli nati per lo sforzo fisico, non posseggono un'istruzione di base; a malapena riescono ad articolare quattro parole in inglese decente. Puntano a sopravvivere: la lotta per i diritti è ben lontana, quando combatti giornalmente in vista del pane e della perseveranza biologica.




La ragazza nella cava di marmo, immersa nella sabbia candida sino ai gomiti, aveva due occhi da fonderti lo stomaco. Per prima cosa ho riflettuto su in che misura per lei fossero dannose le inalazioni di calce: fra cinque/dieci anni respirerà a fatica e non si sopravviverà. Poi ho constatato quanto sembrasse, potenzialmente, bellissima. In fine ho registrato un fastidio viscido, strisciante, alla base del cuore, fra le dita, nelle fessure tra i dischi vertebrali. Fastidio che avverto tutt'ora, osservando distrattamente lo scatto.

Gli adolescenti al guinzaglio, analfabeti ed instupiditi, a spasso fra le gonne di signore altolocate, bramose di visibilità e grazia leziosa. Le gabbie gremite al delirio, alla nausea. Il caldo soffocante, asfissiante, sulla schiena curva di migliaia di servi chini sul caffé vergine. L'odore di terra bruciata, di frutta schiacciata, di sudore acre, di incenso, di giardini segreti, escrementi di cavallo, scarpe di cuoio, bachi da seta. Mosche. Fango. Rhum. Canapa. Bordelli. Teatri all'aperto. Un'orgia sensoriale.

Liberare gli schiavi. Da se stessi, dico io? Il 'Verse non funziona come dovrebbe. I buoni ed i cattivi. William voleva rendere tutti gli schiavi uomini indipendenti (tra le tante che ne ha dette, ne ha sognate, pure questa, sì). Sosteneva gli schiavi fossero un numero finito, quindi, dall'inoppugnabile punto di vista matematico, che si potessero davvero salvare uno ad uno sino ad esaurimento orrore. Certo. Inamovibile. Piccato. Non lo scuotevi nemmeno a maltrattarlo (cosa in cui non mancavo mai). 
Il 'Verse mischia le carte, i colori, le definizioni. Scinde il giusto dall'appetibile, imbroglia il gioco, fiacca le anime pure. 
Se tutto il bello fosse anche buono. 
Se tutto il brutto fosse anche cattivo. 
Se tutto il vero fosse anche bello. 
Se tutto il falso fosse anche brutto. 
Se tutto il desiderabile fosse anche vero. 
Se tutto il deprecabile fosse anche falso. 
Se esistesse un luogo, un luogo dove è degno d'essere amato tutto quel che s'ama

Ma no. I migliori cadono in guerra. I peggiori restano a costruire il futuro. Ed il paradosso di conflitti giusti, che richiedono morte e sangue in pegno. Fini nobili, con mezzi ignobili. Il compromesso, sempre. Nulla è davvero pulito. Nulla. 

Dove tutto ha inizio? La radice del marcio, del peccato? Forse la colpa originale esiste ed è qualcosa al di là del religioso, del sacro, del biblico. È il primo grave errore del primo uomo. Quello dal quale, per un accavallarsi di piani, di sottigliezze, di conseguenze, abbiamo continuato a ricamare sbagli su sbagli, nel tentativo di coprire le falle precedenti. 

Nelle poche ore in cui abbiamo fatto scalo a Safeport per i rifornimenti, mi sono infilato nel letto di Eir. Ovviamente. Piombandole a casa, mentre lavorava, dando una pedata alle sue priorità con un disprezzo odioso, pretendendo che guardasse me, solo me. Volesse solo me. 
 Non riesco mai a raccontarle nulla. Nulla. Un blocco, una catena. Il corpo, la sua voce roca, l'odore, la maniera in cui mi conquista, mi segna. 
Quando la vedo, la tocco, sparo le solite quattro stronzate prive di profondità, prive di spirito. Vorrei dirle di Ellen, del bambino (Maxwell Rush, sei anni, Greenfield), di Clackline; mostrarle le fotografie (quelle nuove, quelle vecchie, quelle ancestrali). Misurarne la reazione, spiegandole che ho spacciato una partita di dexepam su Safeport. Che sono stato promosso a responsabile del settore scientifico di Hall Point. Che ho cominciato col blast per tenere duro, con la Meth, per sedare le visioni. Che andrò al concerto, ospite di Evah. Larousse. Crawley. William. Che non credo nei suoi Grayskins, nonostante Harken, nonostante il pad, ma credo in lei. 
Invece no. La incontro, mi ci schianto addosso, impegnato a ribadire la proprietà su ogni centimetro del suo corpo, impegnato a resettare la mente, l'identità. Tento di migliorarmi, quell'ora in cui rimango appeso alla sua presenza, tento di migliorarmi a spintoni; e nel migliorarmi mi snaturo. L'avvolgo con il miraggio di poterla proteggere, difendere, d'essere la sua roccia incrollabile ed eterna. Nel placarla, nel calmarla, sacrifico ad una ad una le fragilità, le nascondo tra le viscere, sino alla nausea. Restare forte, nell'era che segue all'avvento di Eir, è sempre più difficile, complesso.
Mentre facevamo l'amore (non esiste modo meno scemo di scriverlo), la resa languida è mutata rabbia avida, per quel cedimento, per tutti i cedimenti a cui prostro regolarmente l'orgoglio; non le ho lasciato nemmeno il tempo di ansimare, non mi sono concesso un minuto per recuperare le sinapsi sparpagliare sul materasso. Sono scattato in piedi, ho infilato i jeans, la camicia, l'impermeabile e la weyland. Tre passi indietro, sino alla porta. La fisso, lei mi fissa. Io respiro, i bottoni sganciati sino all'ultimo, nella fretta cieca. Eir scruta, come una giovane fiera dopo la schermaglia; non ne decifro lo sguardo. Esco, veloce, giù per le scale. A volte sono proprio puttana di Corona per antonomasia; Presta ha ragione. Mollare Eir lì, per un capriccio, per una confusione provvisoria, dopo averle cavato il piacere da dentro, dopo lo sfogo fisico, rapido, urgente... Eppure rimane la promessa di seguirla, l'evidenza della capitolazione perenne. I miei silenzi, le mie fughe, sono pallide rivolte prive di significato ed importanza, per quanto siano precipitose, spietate. 

Ho visto Will, un'ora fa, prima che Vergil avesse l'idea provvidenziale di spedirmi un paio di messaggi al pad, smagliando l'illusione. Non diceva nulla. Stava seduto a gambe penzoloni sul tavolo della cucina, con il volto terribilmente triste, da cucciolo bastonato. Il volto pietoso di Keynard.
Pure io son rimasto in silenzio terribile.
Dopo ho vomitato. Un giro di morfina e la mente ha guadagnato di nuovo la pace.



You're pink, you're young, you're middle-class.
They say it doesn't matter.
Fifteen blue shirts and womanly hands;
You're shooting up the ladder.

Your mind is racing like a pro now,
Oh my god, it doesn't mean a lot to you.
One time you were a glowing, young ruffian,
Oh my god, it was a million years ago.