giovedì, maggio 10

Where the sea meets the sun

scritto su fogli sfusi, in carie occasioni. alcuni fogli sono strappati. pesanti cancellature
[Greenfield]



The bends in your brain
 and your elaborate pain
makes me tired



Comiciamo

È viva. Viva, sta bene. Più o meno. Come al solito, aveva ragione qualcun altro. Non che mi interessino, la ragione o il torto. Smettere di sperare, è la prima delle mie difese, la meno sofisticata. Quanto male possa fare, una speranza disattesa sul lungo periodo... Spogliarla piano di quella tuta assurda, abbracciarla. Non piangevo da vent'anni. Strana sensazione. Solo in quel momento, mi sono reso davvero conto di quanto mi sia messo in gioco. Il momento dell'estrema debolezza, dell'estrema consegna di sé. Le lacrime sono un prezzo ed un risarcimento per la corazza esaurita, scaduta, che Eir mi sfila come io le ho sfilato l'armatura spaziale. Protezioni utili a sopravvivere nel vuoto, senza ossigeno, senza calore; adesso non servono più. Qui, l'uno con l'altra.
Oramai sono rassegnato ai segreti, alle reticenze, ai colpi di testa. Le ho estratto dalla schiena cinque schegge di granata, dalle gambe sei. Cerco il rischio per attitudine mentale, ma quando la riguarda perde qualsiasi fascino. Qualsiasi seduzione. Mi basta tenerla stretta qualche ora la notte, contarle il battito in petto, passarle una mano sulla pelle, per domandarmi quanto resisterà, ancora; se continua a bere così, se continua a mettersi in pericolo, a trascurarsi, a distruggersi per le cose che ama (me compreso). Vivere nel presente, solo il presente, è un imperativo a cui mi sottopongo in modo stringente, da quando la conosco. Non posso rischiare di promettere sapendo non poter mantenere. Lei pure, lei pretende di vivere solo il presente ma lo vedo, lo vedo che le sta stretto. Dopo tutto le rivolte non si intraprendono per il presente. E lei è una animale da rivoluzione.

Quando le ho confidato che non mi bastava più l'esistenza a singhiozzi, l'affetto a singhiozzi, vederla poco o niente, intendevo qualcosa di meno totalizzante della dedizione completa ad un progetto di vita comune. Quando le ho concesso il 'per sempre' l'ho fatto con la sicurezza d'un tempo terreno da vivere limitato a pochi anni. Sono un codardo, mi attacco al trucco. Il trucco di conoscere, con scarsa approssimazione, il momento della fine. Ed è vicino. Perciò mi concedo il 'per sempre'. Perché è breve. Terribilmente breve.
È prostrante, stare con me. Le ferite, le fasciature nel mio cervello; il mio dolore sofisticato, labirintico. Le lascio correre il rischio di soffrire attraversandomi da parte a parte per riportarmi a casa. La libero in balia del pericolo, non le impedisco di ballare sui precipizi. I Grayskins, la Almost Home. È nata per questo; cambiare le cose. Cambiare tutto. Non posseggo la facoltà, il potere, per fermarla.

Ricominciamo. 

Ti amo. Ce l'ho fatta. Semplice, alla fine. C'è voluto solo un disastro spaziale, un'ansia di morte, un senso di perdita lancinante, la tentazione del suicidio, un pungo in faccia, giorni e giorni di sfascio completo in un buco di Safeport. Solo. L'avevo appesa più alta, l'asticella della bandiera. M'ero sopravvalutato. La amo da sempre. Il traguardo della parola è un traguardo posticcio. 
Lei sapeva, lei mi legge, mi interpreta. 
Mi conosce, semplicemente. 
Nella folle difficoltà di conoscermi. 




As an old balloon, I hold my breath 
like a penance paid too soon, 
and with too much eagerness 
To know what is true 
when air is changed by you 
Makes it hard






Ricominciamo, ancora. 
Le ho raccontato di Eleria. Delle allucinazioni, delle crisi di rabbia. Dell'impianto. Dopo il Saloon, non potevo astenermi. Meglio così. credevo fosse il grande segreto, il segreto inviolabile, Invece no. Volevo proteggerla dalla costrizione, dalla pietà nei miei confronti. Non esiste un tale bisogno. Eir porta negli occhi un sentimento così selvaggio, alto, ambizioso, brutale che la pietà, la costrizione non sono universi contemplabili. La pietà non è ferina, non c'è costrizione per la bellissima bestia che è il suo cuore. Se resta, resta come il lupo che difende il compagno atterrato: resta per istinto, perché sa che da soli, nell'inverno, all'inferno, non si sopravvive. E sa che non ci sarà mai nessun altro così pazzo da fidarsi di te sino al martirio, nessun altro con cui condividere un'affinità fatta di compromessi, contatti, respiri, sofferenze condivise, condivise vittorie. 
M'ha raccontato Baylong, ha ceduto sulla Almost Home, sull'alleanza, infrangendo i patti sacri, ponendomi ai piedi l'ultima della proprie corone. Niente al di sopra di me,
Al ranch, prima di dormire, le ho spiegato in cosa consistono i miei incubi, le mie visioni, gli scatti di rabbia contro cui ho chiamato a soccorso quel pazzo di Crawley. Will, i mucchi di morti nella Valle, Blackrock, Spartaca, Boros. Non parlava, Eir. Mi lisciava i capelli, accarezzando un pensiero dopo l'altro, un fronte dopo l'altro. Se l'avessi conosciuta prima della guerra... se avessi potuto aggrapparmi a lei, alla sua immagine, ogni notte per tutte le notti in cui collezionavo cadaveri, strisce si missili terra aria, appelli pieni di falle, mostrine vuote di teste, pallottole estratte, palpebre calate. Se fossi partito col suo odore addosso, contro l'orrore, contro il vuoto, la disumanizzazione d'un mestiere perpetrato con mani di macchina. Se avessi avuto qualcuno per cui tornare, qualcosa da proteggere. 
William, nel proprio caos emotivo, coltivava sempre splendidi giardini di ragione. Amava Verdiana. Amava il genere umano. 

Ricominciamo, di nuovo. 
Un foglio di carta, un disegno. Greenfield. Una casa, degli alberi. Ho lasciato i polmoni su quella visione. Il terrore euforico d'essere pronto a metà, ma d'una metà smaniosa e dissennata incapace di dinfendersi, di conquistare, ma esperta nel bisogno di completezza. Con lei, io e lei, tra quattro mura. Cominciare da zero. Prima dobbiamo guadagnarlo, lo zero. Penso al blast, alla meth, alla morfina, all'evidenza: oramai, nemmeno riesco a trovare una vena, tanto le vene sono sfaldate, a pezzi. Eppure, quando ha aperto la porta delle prospettive, delle pazzie, mi ci son tuffato dentro ridendo, con odiosa innocenza. Che egoista. Che fottuto egoista. Non spetta a me decidere. Non spetta me giudicarmi. Spetta ad Eir. 



Put me back in the bottle 
where the sea meets the sun, 
where the bones and their rattle 
they don't mean anything to no one


Roona. A breve sarà il suo compleanno. Uno dei ricordi più vivi del ritrovamento di Eir, dopo la sensazione delle dita sul metallo della tuta 'aliena', è stata la morbidezza felice dall'abbraccio di Roona, la sua voce che rimbalza nei corridoi della Duchessa, come un uccellino che sbatte sul metallo imparando il volo. Grato, finché ci sarà spazio a sufficienza per muovere le ali. Roona. Razionalmente, non reputavo possibile affezionarmi a lei. Eppure... Roona non è fragile. Anzi. È di una forza quasi arrogante; porta scritta in fronte l'arroganza del bene, del buono che non deve domandare permesso per sfondarti la vita; dopo tutto, il bene, il buono non sono mai colpevoli. Ti piazza gli occhi in viso, quello sguardo pulito e disarmato, impavido, capace di ribaltarti lo stomaco. Un giorno le racconterò della droga, di William; le spiegherò perchè al Saloon mi sono mutato in una bestia assassina. Un giorno. 

Vergil. È raro che qualcuno mi faccia perdere il controllo. Mi cavi le unghie dal petto. Ci riesce Eir, ci riusciva William, ci riuscirebbe mia madre; ci riesce Vergil. Nel giro di mezzo mese abbiamo reciprocamente sfogato la violenza, la rabbia latente, l'uno sull'altro per ben due volte. Braccia rotte, lividi, labbra spaccate. Seriamente. Solo le persone di cui temo il giudizio scatenano tali reazioni ancestrali; solo le persone con cui, per certi versi, imbastisco una sorta di sottile confronto, di competizione, di scontro. Vergil possiede un'innata pulizia interiore, una sorta di scheletro al quarzo tirato a lucido. Si può sporcare le mani, ma non v'è nulla che possa comprometterlo davvero. Rimane una brava persona. Capace d'essere cattivo solo coi cattivi. Per fortuna, nel nostro lavoro, si incontrano scarse anime pie. Neville resta uno scettico sulla carta; in concreto sarebbe pronto a credere e combattere senza risparmiarsi persino per i miraggi, se fosse un amico a chiederglielo.  Vergil, per la prima volta, dopo anni, mi riporta a quel sentimento assurdo di affetto e di agone che sperimentavo nei confronti di Will. Will era un ragazzo, Neville è un uomo. Un uomo nelle cui mani metterei la mia vita. Ma questo non fa testo, immagino... Un uomo nelle cui mani metterei la vita di Eir. Sì, la vita di Eir. Se dovesse accadermi qualcosa, qualunque cosa. Mi fido solo di lui. Solo di lui. (Tuttavia, essendo un maledetto galletto orgoglioso, eviterò di riferirglielo). 

Quinn. Non so niente di lei. Lei non sa niente di me. Eppure, durante il viaggio, ho percepito una chiara prossimità. Non so. Forse perché entrambi prendiamo molto sul serio la vita altrui per poter ironicamente tralasciare la nostra. La nostra, che traversiamo con drammatico disinteresse. Mistero. 


sono troppo stanco per continuare.
troppo stanco

passo un'enormità di tempo su Greenfield.

Salomè pare più quieta.

Mi piace Greenfield, persino troppo. Dovrei farmelo piacere meno.

Donna Winter (?)

devo devo devo buttare giù qualcosa su Colin, su Maxwell, su Ellen. E sull'up genetico che divora le mie vene e mi squaglia la ragione a comando.

sono stanco.
domani.



*fogli strappati.