mercoledì, maggio 2

Slow show

scritto disordinatamente su svariati fogli di carta, senza soluzione di continuità, riempiendo in modo casuale gli spazi bianchi.
[Safeport - stanza]



La schiena brucia, dopo giorni. Assurdo. Mi porto addosso un marchio vivo, sotto le sue unghie la verità. La verità che c'era la volontà, la vita, oltre. Dentro. La verità di un mondo improvvisamente, terribilmente possibile, a pochi passi da noi. Allungare la mano, afferrarlo, rinunciare al resto, il resto inutile. L'inutile resto, che adesso rimane in tutta la propria mostruosa banalità; e mi ingoia. Il dolore, il dolore sulla pelle, una vendetta per le parole che non le ho saputo dire, per le parole che non le ho detto. Il dolore a filari, tra le scapole, il percorso di quelle dita, se chiudo gli occhi dentro la morfina le avverto attorno alla testa, sul petto, sulla bocca. E la pelle si infiamma, lungo la colonna vertebrale, lungo l'immagine del suo corpo, lungo la rotta per un posto migliore, la rotta spezzata dalla voce roca di Jack (era Jack?), 'Non c'è traccia di Sterling'. E questi graffi, sono un marchio, conferiscono fisicità al semplice e terribile sentimento di perdita, danno una carne alla nostalgia squilibrata in cui mi dibatto senza muovermi. 


Questi graffi, sotto le sue unghie la verità. 
I graffi e penso se, penso come, se, come, se, quando su quel pod ha sbattuto le dita contro il vetro, nel freddo, nella fame, nel niente; se, come ha affilato le unghie sulla superficie fredda, insensibile, sul guscio in metallo, un uovo nell'oceano, un uovo in un ghiacciaio, una luce dentro l'uovo, sempre più flebile, sempre più affannata; una fiamma annaspa sotto al bicchiere, sotto al bicchiere gelido. Come le sue unghie sul portellone, sulle pareti dell'uovo in cui muore, sulla schiena dell'uomo in cui vive, l'uovo, la schiena, la pelle, il metallo, la pelle il metallo. 

Le sue mani. 

Se annegassi, se, come annegassi. Annego. Se mi annego nelle lenzuola sporche. Immagini. L'ultima corre in sala macchine. La penultima ribalta la testa sul letto mentre facciamo l'amore. Poi è nel corridoio buio del ranch, mille anni fa, prima di averla e di perderla. Piange di rabbia, le nocche sporche di sangue, è la notte di Greenfiel. Ride, l'alba su Greenfield. Puttana di Corona. I segni attorno ai suoi occhi verdi come il maremoto e l'aurora boreale, i segni quando, di quando. Il tatuaggio, sempre troppo vicino per leggerlo, sempre sfocato. Fruga nelle mie cose, si intrufola sotto una camicia spiegazzata, annusa gli angoli della stanza, sale le scale al Black Oak traballando, si arrampica sulla Almost Home, fa una smorfia dietro il bavero del browncoat, resuscita i morti dai campi di battaglia. 


Spogliati. Bel lavoro, vaffanculo, bel lavoro. Sei il mio uomo. Sei l'uomo che ho scelto quando il 'Verse era giovane. Eleazar. Ti voglio. È un disastro. Montezuma ti sta insegnando a sparare? Il tuo cuore non si mette mai a correre? Le luci di Capital City. Non sono pronta per farmi fare a pezzi. Mi piaceva la musica. Ti amo


Per sempre, per sempre. Il per sempre. la stupidità, la presunzione di tradirlo per primi. Invece, no. Resto, al di là di lei. Non è vuoto, il vuoto non fa così male. Non è vuoto il vuoto. La pistola, ad esempio. È un esempio. La via d'uscita. 
Ho la testa sul suo petto, il suo cuore batte, batte, batte, batte, batte, ho la testa sul pavimento il mio cuore batte, batte, batte, batte. Nel silenzio lasciato da. Nel silenzio lasciato perchè. 
La pistola. Miro alla tempia, uno su cento sopravvivo. Troppo. In bocca, verso l'orecchio sinistro è una piena percentuale.


Vedo Eir, vedo Will, vedo Eir, vedo Will. Non è reale. Non è niente. Un colpo alla nuca di Will, un colpo alla nuca di Eir, quando dovevo esserci e non c'ero. Un colpo, in un torrido agosto, in uno spazio assiderato, un colpo alla nuca di Eir. No. Non c'ero. 

Vivo questa sorta di distruzione a rallentatore con una costanza spaventosa. Cerco di non essere lucido più di un'ora consecutiva. In quell'ora mi uccido di ricordi e di recriminazioni. Una stanza al porto di Safeport,  un avviso disordinato d'assenza dal lavoro, aprire la porta, pagare la switch, chiudere la porta, caricare l'iniezione, collassare, svegliarsi, fumare, bere, collassare, svegliarsi, fumare, capire, iniezione, collassare. 






"Domani potremmo incontrarci e io avrò la solita faccia da stronzo, lo sai questo?"

"Domani mattina potrei non ricordarmi di niente, Ritter."