domenica, novembre 11

Dark Rift



"And when you gaze long into an abyss the abyss also gazes into you"





Non è lo stesso uomo.
Non è lo stesso uomo che su Hera vegliava spalla a spalla con Bowie in ode all'impossibile, dell'inafferrabile, in nome di un senso senza nome: la sorpresa, la potenzialità dell'esistenza. Nella merda, nel fango, nella cenere. Perché bisogna, bisogna che resti qualcosa, qualcuno di insindacabile. Un confine su cui serrare i denti.
 Non è lo stesso uomo che irrompe nella clinica in rovina di Harlem, tra mozziconi di cemento e maniere contorte, tra antibiotici dimenticati, per salvare un mazzo di disperati senza speranza. Contro i proiettili, contro i sintomi della peste polmonare, contro l'astinenza. Contro la logica. Contro la casistica.  Contro la storia.
Non è lo stesso uomo che ha operato una donna con l' ago da trasfusione allacciato al polso sinistro e il bisturi saldo nella destra. Non lo stesso che si fa legare ad una sedia, stremato, per resistere ad altre sei ore di strenuo intervento; per orgoglio, per caparbietà, per scommessa e, forse, per giustizia.
Non è lo stesso uomo, incapace di arrendersi di fronte ad un battito cardiaco in calando, una febbre in crescendo, una ferita che irride la carne, fine e disperazione. Incapace di siglare una fine senza sfinirsi nell'impresa di fregarla.
Non è lo stesso uomo, con un carattere del cazzo, la faccia da stronzo; ed il miracolo in mano. Il miracolo in mano, in mezzo al fango di Blackrock. Non è lo stesso uomo che si contendeva con la morte centinaia di soldati, uno ad uno, in un bagno di sangue, a schiena piegata, a testa alta.
Non è lo stesso uomo pronto a imbracciare il fucile, armare l'incoscienza, armare la coscienza, e scaraventarsi a recuperare condannati in una striscia polverosa scrollata dalle bombe, dalle raffiche di Gatling, perchè 'qualcuno deve pur farlo' e se non parte nessuno, resti solo tu.
Non è lo stesso uomo che appoggia la nuca ad una sudicia porta, in una sudicia bettola di Sunset, e dietro quella porta Rooster si consuma le nocche al buio, sino quasi a far scintillare le ombre, riscattando se stessa dalle paure, dal passato, pezzo dopo pezzo, un milione di piccoli pezzi, a furia di pugni, di imprecazioni, di crolli; e il cuore, il cuore di Ritter che sussulta ad ogni pugno, ad ogni imprecazione, ad ogni crollo. Come quai pugni gli appartenessero, gli appartenessero quelle paure. Non è lo stesso uomo, non è la stessa spalla su cui Jack ha appoggiato le dita prima di partire.
Non è lo stesso uomo.

Non è lo stesso uomo che scaldava le notti con quaranta sigarette e otto caffé; lucido, le luci di Capital City alle spalle, di fronte l'utopia, progetti, ricerche universitarie nobili, ambiziose come ogni cambiamento che si rispetti. Impossibili come ogni rivoluzione che si rispetti. Impossibili come ogni rivoluzione prima che avvenga. Non è lo stesso uomo irascibile, giovane, geniale  pronto a fare scempio dialettico degli illustri sciacalli, delle iene accademiche, dei luminari illuminati, pronto a dissacrare i mostri sacri con arroganza indecente, insultante, splendida, incrollabile. Non è lo stesso uomo, la creatura ingestibile e sregolata a fianco di Larousse, il un mastino dai tratti delicati e le ossa eleganti, a guardia del sogno fragile dell'uguaglianza.
Non è lo stesso uomo. 
Non è lo stesso uomo che sposta i ricci di Sterling  e le infila al collo la piastrina militare, la promessa, l'appartenenza. Il Per Sempre. Non è lo stesso uomo che la chiede in matrimonio, in maglietta nell'aria glaciale e fradicia di Safeport, perchè sì, in fin dei conti l'avrebbe sposata comunque, prima o poi. Non è lo stesso uomo che vibra in fronte ad un' ecografia, un'ecografia che dopo milioni già viste, milioni identiche, sa strozzarti il cuore, conquistarti il destino, spogliare l'orgoglio, vanificare fortezze di dubbi, presentarti tua figlia. Non è lo stesso uomo che, la mattina, una qualunque, abbraccia Eir, le striga piano i capelli con le dita, mentre racconta un libro, spiega un holofilm, si perde in massimi sistemi, la contesta, si lascia contestare, la sfotte, si lascia sfottere, ride, la fa ridere; si stringe contro la sua inquietudine arruffata, l'incapacità di fermarsi, d'arrendersi, l'euforia infantile, gli sfoghi luminosi, i sogni, i castelli in safeportense stretto. E le avverte, le difese disertate, l'amore disordinato, avverte di volerle dare la dolcezza, la protezione, le carezze e la casa che non ha mai avuto. Di essere quell'uomo, lo stesso uomo che la renderà felice. 

Non è lo stesso uomo.
Seduto su una branda sudicia allo spazioporto di Sunset, in un un buco fetido, a gettoni, dove ha stipato tutta la sua roba, tutto il suo fallimento; fatto di fotografie e camicie stazzonate, chiazzate di sangue. Tra le sigarette, la droga, l'alcol di insulso valore. Il viso graffiato, percorso da ferite caotiche, le costole rotte sino a segare il respiro, la schiena macchiata di scottature, il gelo inquinato di Safeport, dei canyons, del cielo livido, a lambire il torace scoperto, illuminare il metallo della weyland tra le dita di Ritter in volgari increspature violacee. 
Non lo è. 
Sfila la sicura alla pistola, ogni istante più tiepida, più instabile nella destra tremante. Non è lo stesso uomo. Perché lui, quell'uomo, lo salverebbe. Lo sa, l'ha capito. Gli concederebbe una possibilità. 
Non è lo stesso uomo. 
È il criminale da tre soldi. 
L'assassino cinico. 
Il tossico programmatico. 
L'alcolizzato. 
Lo squilibrato. 
L'egoista viziato. 
Il figlio di puttana. 
Il codardo. 
L'infedele. 
Il pietoso disilluso. 
L'ingrato inaffidabile. 
Il pazzo per vezzo. 
Il condannato. 
Il debole. 
Lo schifo. 
La nausea. Il deserto. Odore di piscio e spazzatura. Lezzo di fogna. La weyland al volto. Come sua madre. I tubi sbavano gocce luride in mezzo alla polvere sporca. I tubi piangono. È come sua madre. Preme la canna sotto il mento. Ma, soprattutto, come suo padre. 


Suo padre. 

La canna sotto al mento. 

James Hunter e Lara Crown. Bruciati vivi. Sbattono gli occhi di Agness, gli occhi di Will. Gli occhi dei traditi, dei dimenticati. James Hunter e Lara Crown. La donna nelle fogne dello Skyplex, una doccia di fuoco, una doccia di fuoco, la punizione, il peccato. Gli occhi di Green, gli occhi di Valentine. Elliot, Defoe, Mallory, Whitman, Carrol. I loro occhi, il riflesso del fuoco. Tutti quelli che non hai salvato. (Non salveresti quest'uomo). Tutti quelli che non hai salvato, tutti quelli che hai perduto, deluso.
William. Melissa. Larousse. Ratliff. Cox. Electra. Jamie. Djeval. Krusha.
(Non salveresti quest'uomo). Rooster, Evans, Roona, Quinn. Elia. 
William. 

(Non salveresti quest'uomo, che non è lo stesso uomo)

E poi, Neville. 

Vergil. 

Abbassa la pistola. 
Un mantello di lacrime vela le iridi verde ruggine. 
L'arma sul pavimento. 

E poi, sopravvivere. 
Per qualcun altro. Per la prima volta. 
Per lei. 
Per loro