sabato, novembre 24

Working class heroes


[// premessa off: siccome siamo fuori di testa, non ci piacciono le persone vere, ma amiamo tanto i nostri png, abbiamo scritto questo delirio a quattro mani. Speriamo vi faccia ridere la metà di quanto ha fatto ridere noi. Quinnecetera & Nasazar]



Corona, 8 agosto 2499

La casa di Alexandra Keynard è un'ode al buon gusto e alla stravaganza. È possibile ravvisarci dentro quadri di artisti (sempre emergenti ed estremamente contemporanei), il design è pulito e moderno. Non c'è traccia di 'servitù'. In compenso la grande sala in cui è stato approntato il buffet è adiacente al patio dell'ingresso e costituita in larga parte da vetrate. Ci sono già diversi invitati. Tutte facce note e rinomate, facce rilevanti. Alexandra è tornata da Xinhion per le vacanze estive, come suo solito, e come suo solito ha approntato un incontro con inviti selezionati (essenzialmente selezionati dal fratello Seymour, giacché per lei si tratta solo di un'occasione per imbarazzare e stuzzicare l'aristocrazia prossima alla famiglia, più che un convito tra amici. Amici, poi).
Seymour Keynard parla con Ritter padre; Ritter padre rigorosamente in maniche di camicia e capello casuale. Selenie Keynard, la madre di Will, sistema il tavolo in silenzio, con gentilezza, elargendo sorrisi piuttosto silenziosi. Accanto a lei, William. Chioma riccia, bionda, occhi celesti, faccia da cherubino, t-shirt e jeans, sta entusiasticamente spiegando qualcosa alla mamma, con l'usuale parlantina partecipe.
Rachel Ritter interloquisce da lontano con gente a caso, rigorosamente in rosso; ostenta sfacciata l'espressione di qualcuno che sì, non si sta divertendo. Non si sta divertendo da una vita intera.
A vederla, nessuno potrebbe immaginare l'aureola emicranica che stringe le tempie di Alana Collins.
E' come al solito impeccabile, bellissima, elegante nell'abito nero. Sicura di sé, dispensa intorno sorrisi da squalo, pericolosi e affascinanti. Si trascina dietro un figlio e un marito riluttanti, uno più dell'altro.
Byron, almeno, è adulto. E per amore di sua moglie si immerge con garbo  in quella società alla quale non ha mai sentito di appartenere.
Holden non è sicuro di amare poi tanto sua madre. Ad essere onesti i suoi ormoni in subbuglio odiano tutto e tutti. Risponde alle occhiate di suo padre con un cipiglio fosco. Ha l'espressione uggiosa di chi non vorrebbe essere lì, ma non vorrebbe stare neppure altrove. Al pari di Alexandra, anche lui coglie l'occasione per imbarazzare il ramo aristocratico della famiglia: sua madre, nella fattispecie.
Suo fratello Herbert è troppo lontano, già immerso nella conversazione con i grandi della finanza.
Suo nonno, dalla stessa cerchia, è l'unico a dargli un minimo di soddisfazione: lancia un'occhiata oltraggiata, sdegnosa, alla sua giacca vintage sulla maglietta più lisa del repertorio; ai pendagli che porta al collo, ai bracciali, ai tre anelli in fila su una mano sola. Ai jeans stretti negli anfibi completamente aperti, sguaiati. Non da ultimo, ai suoi capelli lunghi.
Alana  guarda con la coda dell'occhio questo adolescente con le gambe troppo lunghe, le spalle curve, la ribellione nella ruga che ha in mezzo agli occhi. Di colpo è pentita di esserselo portato dietro. Doveva lasciarlo a rimuginare esistenzialismi a casa. Una guerra in meno.
Ha davanti a sé il figlio maggiore: Heathcliff saluta Alexandra, le dice qualcosa all'orecchio, ridono. Avranno preso in giro tutto e tutti in due parole. Almeno, lui sa che deve mantenere un comportamento appropriato. -.Cerca di fare la persona civile. - ammonisce l'ultimogenito. Quel cerca è solo una licenza poetica. Significa devi.
- Cheppalle. - risponde suo figlio.
Cheppalle. - ripete lei. - E' la frase che dice di più. Si sveglia e ti dice cheppalle. Va a dormire dicendo cheppalle. - fa presente garbata a suo marito.
Byron non risponde. E' un ragazzo, è l'età le direbbe. E' che un cheppalle ce l'ha scritto anche lui in faccia, mentre devia verso il tavolo degli alcolici.
Herzog termina di parlare con Seymour, di scambiarsi i convenevoli di rito, commenti su eventi economico sociali di particolare rilievo. Un quadro della situazione politica, l'annessione di Pound, eccetera eccetera. Il tutto con un bicchiere di vino ciascuno, che ovviamente non bevono. Ma si premurano ovviamente di commentare (è il vino dei Keynard. Il magistrato si diletta di viticultura e uve assieme alla sorella avvocato... unica tangenza tra i due, che comunque vanno di amore e d'accordo. Un po' di compiacenza da parte di Seymour, affetto vecchiaia-comprensivo da parte di Alexandra). Si dirige dunque alla volta di Ocean in quel modo casual che hanno gli imprenditori di grido per sciacallarsi l'un con l'altro disegnando sentieri geometrici in mezzo ai salotti.
Elena Ritter è scomparsa col vestito verde acqua, armata d'una rosa rara rubata dal tavolino e sbatacchiata ovunque; sta passeggiando pestandosi le sottane, alla ricerca dei piccoli Vocruen, suoi coetanei, probabilmente intenti a mangiare formiche.
William stampa un bacio sulla guancia di sua madre e si perlustra intorno, strofinando un braccio e scostando i ricci miele dalla faccia abbronzata. Con la sua polo azzurra, il dente di pescecane al collo ed il sorriso pubblicitario, sfoggia l'aria d'un apollo scarmigliato. La sua particolarità è essenzialmente questa: bello e buono, ma di quel buono e di quel bello carichi d'una spontaneità innocente, al di là di qualsiasi recriminazione ed invidia. È contento quasi sempre, con un sacco di gente diversa, anche con gente che di solito provoca reiterati conati di nausea al resto del cosmo. Le ragazze lo cercano più spesso degli altri. E lui contraccambia, senza pretese. Non che sia scemo, ma ciondola esattamente in mezzo a quel momento dell'esistenza in cui scopri di essere figo perché lo leggi riflesso in faccia ai tuoi conoscenti. Prima, la bellezza era un concetto pertinente a realtà inanimate e passatempi casuali.
Più basso di Holden, sfiorerà a malapena il metro e settanta (e crescerà poco più, ma questo ancora non lo sa). La madre, Selenie, lo segue allontanarsi con una certa timida ammirazione da chioccia. Will passeggia per la sala, il padre Seymour, intento a imbastire pubbliche relazioni con un procuratore di New London, trova il tempo di dargli una virile pacca sulla spalla.
- A ottobre lo mandiamo all'università. - sentenzia, sollevando il calice di vino.
-Papà... - Will ridacchia, ma non è imbarazzato quanto dovrebbe, data la sua supposta natura alternativa.
-Giusto, giusto, segreto di stato- replica Seymour, in una falsa gravità, facendo cenno al figlio per concedere che si congedi. Concedere, esatto. Will infila le mani nella tasca dei jeans e procede verso la zia Alexandra (e quindi verso Heatcliff, con cui la Keynard sta sparando puntigliose bordate a caso sugli ospiti, senza distinzione di sorta)
-Zia, hai visto Ritter? Era qui poco fa. - lo ha sempre chiamato 'Ritter' - Salve signor Carter - si riferisce, ovviamente, ad Heath.
-Signor Carter -Heathcliff si porta una mano al petto, platealmente commosso. Non sta prendendo in giro Will, anzi, lo saluta con una pacca amichevole. - Anche mio fratello è così garbato. Mi chiama a forza di grugniti .-spiega ad Alexandra, indicando il fosco individuo alle spalle di Alana.
Alexandra non si fa pregare due volte, per quanto riguarda il nipote. Una botta di champagne e via.
- La tua fidanzata Ritter è con suo fratello giusto qua sotto. Niente crisi di gelosia, per il tuo compleanno -annuncia, un poco sguaiata, mentre Will scuote la testa imbarazzato in un frusciare di ricci biondi -Per fortuna andrete all'università assieme, altrimenti sai che colpi al cuore, eh? -
Seguendo le indicazioni di Heat, sposta dunque lo sguardo celeste su Holden. Pare un po' intenerita da quel curioso rappresentante della specie umana, ma non gli dedica più di una breve occhiata: sta ancora spiegando a qualcuno che, sì, il nipote frequenterà  l'università, ma meglio non rammentarlo ai genitori. Altrimenti parte la palla e non finiscono più di blablare in proposito.
Will lascia chiacchierare sua zia, non può opporsi. In compenso studia Holden, con un magistrale sopracciglio alzato. Lo studia in modo poco discreto, ma tutto sommato gentile. Uno studio ammirato.
Il fosco individuo in questione pare chiudersi a riccio di fronte all'occhiata di William. Non è bello, non regge il confronto col giovane Keynard. Ha il naso affilato di Byron, è troppo alto e ha tutta l'aria di uno che non sappia esattamente cosa farci con tutti quegli arti. E quel cipiglio ostile, quella ruga in mezzo agli occhi lo rendono brutto.
- Holden, ti ricordi di Mrs. Keynard? - Alana lo riporta alla realtà con un'occhiata di avvertimento.
Holden grugnisce qualcosa di garbato. Byron sa che avrebbe voluto dire invece: cheppalle.
Mrs. Selenie Keynard, scivolata in silenzio nel cerchio conviviale a margine di suo figlio,  è tutta uno zucchero. Se lo ricordava bambino, Holden. Ma come crescono in fretta (e deve alzare lo sguardo per guardarlo in faccia) Ha l'età del suo William. Ad Alana non sembra incredibile? A ottobre saranno all'università. Non è un piccolo dolore, per lei? Si chiede sempre come abbia potuto sopportarlo, con gli altri due.
Alana pensa che gli altri due non sono mica andati in guerra, ma è un animale scaltro e sorride. Si adegua al registro della sua interlocutrice, chiede che cosa studierà William; non ascolta neanche la risposta.
Lo sanno tutti.
Dai domestici ai manici di scopa.
-Mamma... mamma - Will storce le labbra al panegirico innocente e composto di Selenie, accompagnato dagli sghignazzi di Alexandra che chiosa, ogni tre per due, un implacabile :
-Principe del foro, come tutti i Keynard. SIAMO CONDANNATI - più ironico che sincero, pare chiaro, con fare eminentemente teatrale, dorso della destra alla fronte - Qualcuno ancora non lo sapeva? C'è qualcuno in questa sala che era ancora all'oscuro della grande notizia?-
Selenie lancia un'occhiata un po' impaurita alla cognata, ma buona e comprensiva, in fin dei conti. Alex può dire pressoché quel che vuole, si è pagata la patente di 'stramba' a furia di successi e innegabile presenza scenica. In fin dei conti, è stramba nei limiti dell'accettabile e brillante quanto basta per vendersi come tale.
- Vedi? - dice Alana a quel suo figlio troppo alto, a quella cicogna imbronciata con un verso che fa cheppalle
Selenie è una brava donna, quando chiede a Holden che intenzioni abbia per il futuro le interessa davvero. 
- Musicista. - risponde lui. Farà il musicista. Un po' si gode lo sguardo spiazzato della donna e il sorriso apnoico di sua madre.
Lo show protratto della zia mette a disagio William più delle premure della madre, probabile. E per fortuna, la risposta del giovane stambecco-Carter alla genitrice impedisce al genere umano di vedere il suo bel viso incupirsi quando si sbandiera in aria il suo destino segnato, ma accettato con gioia, una gioia scomoda, un poco colpevole. Quanto avrebbe voluto potersi ribellare, avere un motivo per farlo. Ma non ce l'ha. O forse non vuole avercelo. Lui piace a tutti. Deve piacere un po' a tutti. Deve.
Mrs Keynard, intanto, fa di tutto per salvare in corner lo stambecco.
- Oh, ma che bello. Farai l'accademia della musica? - gli altri due Carter si sono diplomati all'Accademia. Ma la musica è un hobby. Un hobby accanto a una facoltà impegnativa. Quasi quasi prova pena per questo giovane scompigliato.
- No. -risponde lui garbato. -Il musicista di strada. Voglio girare il 'Verse, vivere nella natura. -
Byron annega nelle sue due dita di whisky e un po' gli dispiace dover intervenire. Ma sa che sua moglie rischia il colpo apoplettico e si infila  nella discussione. Anche i Keynard avevano uno splendido pianoforte, se non ricorda male. Copre suo figlio, una specie di sipario sulla sua comparsa. Gli concede la possibilità di allontanarsi, sa quanto sia un bene prezioso
L'idea del musicista di strada coglie Will sulla scia di tali pensieri. L'effetto è particolare: il ragazzo sbatte le palpebre sui rotondi occhi azzurri, fissa l'alieno. Vuole piacere anche a lui, è evidente. Gli viene così naturale. Si scruta attorno e, d'un tratto, pare colpito da qualcosa. Elia Ritter sale le scale che conducono al piano inferiore. Ha diciassette anni. La camicia dentro i pantaloni. Il viso pulito, i capelli scuri pettinati. I tratti squadrati ingentiliti dalla mancanza di barba e dall'aria un poco socialmente affaticata. Sorride, in modo modesto, ai cenni sbracciati di Will.
- Elia, dove sta tuo fratello? È scomparso, porca miseria! - simula con le dita una bolla di sapone. Cerca lo sguardo di Holden, quasi non avessero fatto altro che chiacchierare fino ad adesso di praticamente qualsiasi cosa.
Come se l'avessero invocato, ecco che lo strumento utilizzato a diversivo da Byron (gli adulti si sono lanciati in sperticati commenti su robe a caso) trova una sua collocazione nella replica composta ed educata di Elia Ritter, a disagio nella sua camicia abbottonata sino alla gola.
- Sta suonando - c'è una sorta di rispetto stranito nella considerazione di Elia. Quasi stesse parlando dell'alieno verde o d'una salamandra spaziale, con poteri conturbanti -Sai, il pianoforte -
Viene brutalmente interrotto -Sì sì, certo. Il pianoforte - William sorride, smagliante, sarcastico (lui sa perché) e fa per avviarsi giù. Ovviamente, dopo due passi, decide di voltarsi a beneficio della cicogna-che-vuole-vivere-nella-natura.
-Allora? Non vieni? - è aperto, contento, tutto sommato. Gli piace la gente strana. Lo fa sentire strano. Gli piace sentirsi strano. Elia guarda Holden da una timidezza analoga, ma di natura diversa, rispetto a quella del giovane Carter. E, dopo attente meditazioni, dopo piani mentali e processi logici decide di esporsi in un rocambolesco
-Ciao.-
Il giovane airone Carter, dal canto suo, si stava defilando con un certo sollievo. Ha visto una fontana, dal patio. Un posto isolato. Spiegazza tra le dita lunghe un tovagliolo di carta. Un'occasione ghiotta. Ha nella giacca un mozzicone di matita e sta già pensando alle battute che scriverà mentre suona quella melodia con le dita della mano libera, sui suoi jeans sdruciti.
Ma William Keynard manda in fumo i suoi piani. William Keynard lo inquieta. Lo inquieta la sua limpidezza, il fatto che cerchi un contatto a ogni costo. Si ritrae, incassa la testa tra le spalle. Magari è solo per prenderlo in giro, per fare il bullo impenitente. Anche se non sembra. E Holden un po' lo invidia, quando lo vede andare incontro a Elia, spigliato.
Sente parlare di un pianoforte e allora annuisce in maniera impercettibile, a disagio. Il saluto del maggiore dei Ritter, poi, sembra stravolgerlo. Troppa socialità tutta insieme, lui neanche ci voleva stare lì. Grugnisce qualcosa di rimando. Stavolta non è un cheppalle, è un altro roboante "ciao".

Prima di abbandonarli a loro stessi poniamo un po' d'ordine negli ospiti. Alexandra chiacchiererà con Heath per un po'. Faranno discorsi intelligenti e molto simpatici; sono persone ovviamente ironiche. Un dottore ed un avvocato. Ne vedono di casi umani. Lei poi ha un sacco di avventure estrose da lesbica dichiarata da intavolare così, con grazia; regge benissimo l'alcol, e non si premura di lesinare.

Ritter padre conferirà con Ocean per un po', non essendo mai in vacanza da se stesso e dal lavoro. Sua moglie (che coppia affiatata) aleggia con grazia indiscreta per la stanza, consumando un bicchiere di champagne dopo l'altro, sulle scarpe basse e sotto l'acconciatura d'una studiata negligenza. Passeggia, sorride, sempre con un poco di distacco di troppo; domani, sulle labbra altrui, sarà disprezzo. E le labbra altrui non avranno nemmeno torto eccessivo.
Elia le si farà incontro, un poco ammutolito, sistemando i capelli ben pettinati (è intenzionato a farli giungere a fine festa ordinati, ecco); proverà a scambiarci qualche parola, e Rachel ricambierà con alzate di spalle e sospiri casuali. Si accenderà una sigaretta (ed Herzog avrà un'occhiata per questo, solo per questo). Elia, con la coscienza a posto (non riesce a trascurare nessuno per natura), graviterà verso il tavolo e prenderà da bere, con discrezione. Con meno discrezione sarà abbordato dalla stessa giovane che ha sorriso a Will. E ci si intratterrà a parlare. Tutti meritano una possibilità.

-Mi odia. Lo fa di proposito. Ce l'ha con me. - frignerà  Alana, mentre Byron cercherà di sottrarla a quel circolo troppo affollato. Bypasserà con disinvoltura quello finanziario, ignorando il cenno sprezzante di suo suocero.
-Cresce bene - risponderà a sua moglie, per poi nascondere tutto in un colpo di tosse divertito alla sua occhiata. Le piazzerà in mano il suo bicchiere ancora pieno, comprensivo. Byron, ma anche il bicchiere.
- E dai, Alli. Ha sedici anni, odia tutti.-
Will, dal canto suo, è l'apogeo della spontaneità. Dà un'altra occhiata al sedicenne che odia la vita prima di scivolare rapidamente ed in modo un poco irruento, indelicato, giù per le scale. A passi pesanti di ragazzino. 
Holden segue Will senza averlo troppo deciso. Pare debba inciampare nei suoi stessi piedi troppo grandi, invece scende con una certa grazia da airone spennato.
- Come hai detto che ti chiami? - chiede il primo. Carter non lo ha mai detto, in realtà. Però va bene, la Keynard-gentilezza prevede che uno nemmeno trovi tempo di replicare, se proprio non vuole.
- Non fare caso a mia madre, rincoglionisce sempre tutti con questa storia dell'università. Io ad esempio ci vado solo per togliermi di qui - pausa, sorriso smagliante- Una copertura. A Capital City c'è una fantastica stagione cinematografica e teatrale. Non dico al teatro federale, dico nei circoli indipendenti. Non so se conosci, ma sicuramente sì, visto che sei un musicista - proferisce deciso (gli piace questo musicista, sì); elenca una decina dei fantomatici circoli. Tutte sale proiezioni scientificamente inculate, dove è possibile fumare e si esibiscono personaggi assurdi dalle assurde provenienze, o si trasmette holovisione scelta per intellettuali impegnati.


William un po' lo sta interessando, questo giovane condor. Lo affascina quasi, tocca le giuste corde.
Tant'è che - Holden - grugnisce l'altro, in ritardo. Un po' si vergogna di quel nome bizzarro, un po' ne è fiero, perché è un nome da letteratura, da letteratura cartacea - Anche io. Me ne vado da qui. - gli bofonchia poi. E non sembra parlare solo dell'università.
- Holden! - afferma, trionfale, William -Will, piacere -non tende mani in modo formale. Lui è un tipo agile e informale, si sa.- E poi, considera, a livello politico è tutto lì. Se uno vuole cambiare le cose, ecco, deve stare proprio dove le cose succedono no? - che tipo entusiasta.
Holden stringe gli occhi di un azzurro molto intenso, distende un po' quel cipiglio bellicoso mentre il giovane Keynard parla. E pare abbastanza d'accordo, quegli occhi li stringe con discreto fervore.
In tutto ciò giungono sbadatamente al fantomatico pianoforte.
E al fantomatico Ritter. Capelli scarmigliati, faccia affilata, sul metro e ottanta, fisico sottile, ma spigliato, disinvolto. Camicia bordeaux mezza sbottonata, pantaloni di velluto nero, anfibi. È seduto sul pianoforte a coda, sigaretta in bocca (ha iniziato molto presto), bicchiere vuoto, sguardo affilato a stronzetto disinibito e demone da salotto.
- Keynard. Le tue cazzate ti annunciano come un solenne squillo di tromba - proferisce, serrando il filtro tra le labbra; l'inglese perfetto un poco ne risente. Poco. E ci guadagna in fascino losco.
Will ride. Lo conosce; scuote la testa. Eleazar butta le pupille su Carter. Tira su col naso. Non commenta. Scivola giù indolente dallo strumento prestigioso, come non avesse fatto altro nella vita che scendere indolente dai pianoforti a coda.
Holden arretra, e poco ci manca che lo faccia fisicamente. Torna nel suo guscio. Ammutolisce di colpo, intimorito. Eleazar Ritter e quello sguardo predatore che tante volte gli vedrà in faccia nel corso della sua vita. Tiene lo sguardo fosco sul pianoforte. Non gli piace quello che fa Ritter. Non gli piace più nemmeno il pianoforte. E' come se fosse stato inquinato.
William sghignazza, senza un'ombra di biasimo.
Eleazar Ritter gli spaventa gli ospiti. Ciondola il capo ricciuto di lato, sospira, rassegnato
-Holden, Ritter; Ritter, Holden -presenta, con un cenno eloquente della mano.
Eleazar non appende di nuovo lo sguardo su Carter. Libera la sigaretta della cenere in una mossa agile del dito. La cenere va a finire nel bicchiere vuoto. Si avvicina ai tasti del pianoforte, alza la copertura in legno, lo sguardo fessurato. Batte un paio di accordi con le dita lunghe, senza eccessivo entusiasmo, ma con una forza decisa, che fa risuonare lo strumento in modo netto.
-Carter? - annota, per riempire lo spazio tra le poche note spavalde e un tiro di sigaretta.
-Sì, Carter.- replica William, per tagliare corto. Si volta, poggiando le scapole al piano e allargandoci sopra le braccia sottili, ma agili.
- Mio padre si è già dato al vampirismo sociale coi Collins, o sono sempre in tempo per lo spettacolo?- Aggiunge Ritter, a margine; alza le iridi verde ruggine sulla cicogna-sensibile, adesso lo traversa con l'usato piglio analitico, ma decisamente curioso. E, tutto sommato, privo di alterigia. Anzi. Una distanza bonaria, a conti fatti. William sbuffa, di nuovo; gli consegna una spinta sulla spalla. Eleazar soffia, ironico, iniziando a frugarsi in modo indolente le tasche della camicia.
Holden guarda con una certa aperta ostilità la nuca di Ritter, Ritter che pesta tasti a caso.Per lui lo sta facendo a caso.
-Se fai presto arrivi prima che abbiano sanato il debito pubblico. - dice piano, imbronciato, come temendo di fare quella battuta.
E Ritter ride. Alla battuta di Holden. C'era un tempo in cui rideva sul serio. Certo, sempre una mezza sghignazzata un po' felina e sfuggente, ma si leggeva, decisamente, il divertimento in viso. E non indossava nemmeno quei tratti di ostica decifrazione pubblica. Anzi. Come mimica risultava piuttosto limpido.
Will incalza:
- Cosa suoni? Il pianoforte? - si informa, solerte, nei confronti di Holden.
La cicogna annuisce, ma lo fa una volta sola, in maniera impercettibile, quasi per timore di essere smascherato. Arde dal desiderio di mettere le mani su quel pianoforte, sta già suonando contro i suoi jeans da un pezzo. Ma non lo farebbe mai davanti a loro, in mezzo a quella gente, in quella casa.
-Io suono la chitarra- continua subito William. Pausa.
Ritter si intromette a gamba tesa.
-Tu non suoni la chitarra Will. Ne possiedi una per sbaglio, è diverso -
William, stavolta, s'adombra vagamente, il ghigno sul viso un poco offeso ed un poco scanzonato. Guarda Ritter. Guarda Holden. Allude all'amico nichilista con un cenno del mento
- Simpatico eh? -
 Quando anche Keynard si dichiara un musicista, Holden lo gratifica di un'espressione quasi distesa. Alla protesta di Ritter prende quasi le parti del padrone di casa.
- Basta esercitarsi. Si impara. - mormora, incoraggiante. Le dita lunghe sfiorano la cassa, senza farsi vedere.
Eleazar non commenta. In compenso, cava fuori dal cilindro una simpaticissima bustina di bloom. Sfacciato. Tadaaan. La passa a William, che coglie la palla al balzo per proseguire con la satira.
- Qualche pregio ce l'ha anche Ritter  - sventola la bustina. Senza esibizionismo. Easy. Rintraccia sul retro dei jeans un paio di filtri, ed paio di cartine. Si mette al lavoro. Tutto programmato.
Holden recupera il cipiglio oscuro, la ruga torna tra gli occhi quando vede il gesto disinvolto con cui Ritter estrae la bustina. E' tenero, naive. Mica lo capisce subito. E quando lo capisce sgrana gli occhi. Quel Ritter lo mette in difficoltà. Lui è un cavaliere senza macchia, non le fa 'ste cose.
-... insomma, sì, suono la chitarra. Dove vuoi andare a fare il musicista itinerante? - William lo ha preso limpidamente sul serio. È evidente. Anzi, Holden rischia di divenire il suo eroe. L'eroe del suo compleanno. È di facili entusiasmi e di facili infatuazioni, il giovane Keynard.
Ritter, di nuovo accomodato sul prodigioso strumento, testa incassata nelle spalle sottilissime, si premura di non commentare. Sbatte le palpebre. Solleva il vertice delle labbra.
- Mexican. - risponde nervoso il musicista-in-mezzo-alla-natura. Vuole partire da là col suo tour dei poveri, il romanticone - Ma forse faccio l'università. - continua, esitante. In realtà lo sa, ha le idee chiare. E anzi, uno strano pensiero comprensivo di navi e spazioporti che gli balena in testa da un po'.
- Me ne vado - fa presente. Non a Ghandi. - Divento giornalista. - dice, con cautela. Lo dice a William, di Ritter ha timore. Si aspetta di essere ferito, di essere preso in giro ed è con un certo senso di sfida che aggiunge- per cambiare le cose. - Giovani intellettuali impegnati.
William emette un fischio basso di apprezzamento mentre con una certa abilità avvolge la cartina attorno al bloom. Non la diluiscono mica.  E poi stiamo parlando di Keynard, di Ritter, di Carter-Collins... tutta gente che secerne soldi dalle orecchie. Eleazar, dal trespolo, segue le manovre di avvicinamento della cicogna-sensibile. Lo fissa. Will è troppo impegnato nella manovalanza e nel lavacro di adolescenziale esaltazione.
-Mexican! Shadetrack! hai sentito Ritter? -
Eleazar sbatte gli occhi, li scruta entrambi. Un poco perplesso, un poco avulso dal contesto.
William prosegue - Ma è magnifico! Il giornalista! - è magnifico, aggiungerebbe; ma l'ha già detto. Che bestia sociale, che bestia entusiasta. Holden pare abbastanza sorpreso dalla reazione pacifica di Ritter, nel frattempo. Anche un po' spaventato, in realtà. Come i bambini piccoli che si spaventano per il proprio singhiozzo.
-Sai che c'è un tipo che ha girato un documentario proprio lì vicino? Su una compagnia ... circense itinerante che si sposta col vento... Bernard Rollin, si chiama... il tipo, non la compagnia... della serie che... - Keynard Jr. lecca la striscia bianca, compatta i frammenti; non conclude, muta argomento: 'cambiare le cose' -Sì! Appunto. Ma le cose le devi cambiare rendendoti conto di come vanno davvero, se ti metti nella prospettiva di chi vuole il cambiamento. Non cambiarle... dall'alto, in modo... paternalistico... No? Io se me ne andassi me ne andrei con la chitarra. E con qualche libro...niente pad, niente deck... -
Ritter Junior tace. Si ciondola con immensa grazia dal suo sorriso ingestibile. Sfila la paglia dalle dita di William, impegnato a pontificare dal rostro, se la accende, accavallando le gambe nel vuoto e puntellando una mano sul legno del piano. Ha l'aria di uno che stia contemplando delle scimmie sui pattini a rotelle.
-Giornalista finanziario - spiega, Holden. Non vuole parlare di circhi. Vuole scavare nel marcio, capovolgere l'universo che chiacchiera giusto di sopra e di cui è presumibilmente figlio. Sfiora la lacca dello strumento con le tre dita inanellate. E' un duro dal cuore tenero, lui. E' arrivato a livelli prossimi all'adorazione per William. - Libri di carta. - dice anche, con un certo orgoglio. Essere alternativi è importante. E' quasi pronto a partire subito. Guarda con una certa diffidenza le manovre dei due, senza avvicinarsi troppo. Osserva un po' stralunato Ritter.
-Libri di carta! certamente- Will incrocia le braccia sul petto, osserva il giovane Carter corteggiare lo strumento. Lo sguardo aperto, azzurro, pare spronarlo con entusiasmo a suonare.
Ritter, nel frattempo, termina un tiro dopo l'altro. Con calma, accomodato come un rettile sopra il pianoforte. Sposta le pupille da Will a Holden, da Holden a Will. Si accascia ne torpore cerebrale.
- ... e giornali di carta. Mia zia se li fa spedire da Greenfield tutte le settimane, e mi manda quelli vecchi.-
-L'Herald. - dice piano il fanatico dalle gambe troppo lunghe. E' felice. Forse ha trovato un animo affine dove meno credeva che potesse accadere. Lo ascolta quasi rapito e quella distrazione gli consente di corteggiare in maniera meno timida il pianoforte che Eleazar continua a profanare. Si trova a un tratto con le dita sui tasti d'avorio quando le aveva lasciate sulla cassa. Le ritrae. Nonostante l'incoraggiamento di William non suona.
-Ci sono un sacco di cose che non sappiamo, di un sacco di posti - e parliamo di un mondo precedente all'unificazione.- Io diventerò un avvocato. -Dichiara William, deciso. -Un avvocato per i diritti civili -pausa solenne- ci sono moltissime persone  -fa da pendant con 'ci sono un sacco di cose' - che non possono difendersi adeguatamente e vengono raggirate. Non solo nelle fasce esterne, ma anche nel Core, qui a casa nostra. È lo stesso meccanismo che usa in grande il governo, mi segui? La povertà, l'ignoranza, e tutto quanto... così poi tu reagisci con la violenza, e lo stato ha il diritto di reprimerti -
Annuisce, splendente, passa le dita tra i ricci (Eleazar ridacchia. Potrebbe essere la canna. Potrebbe essere altro) - Di importi la sua legge... Non è tanto una questione di fame... è una questione di libertà, ecco. Sì. Di principio -allunga la mano rapace, verso la preziosa sigaretta pimpata che Ritter detiene in modo composto, tirando su col naso. Niente, non ha successo nel tentativo di appropriazione.
- E' così -dice Holden, con qualcosa di simile all'ardore. Non può capacitarsi del fatto che qualcuno finalmente capisca.  Dimentica perfino il suo disagio di fronte a quell'esperienza che non ha mai provato e che passa di mano in mano tra i due.
William è contento. Anche lui, vive spalla a spalla con un precoce talento nichilista da un lato e con una compagine di zotici dall'altro. Holden che aspira alla musica itinerante, che sentenzia 'è così' con fermezza seriosa, è una manna nel limpido cielo coronense.
Keynard sta giusto per replicare qualcosa, quando alcune risatine frivole irrompono assurde nella stanza; dalla porta a vetri sul retro, le gemelle Rodin, Asia e Therese, diciotto anni, si affacciano rincorrendosi. Therese, più compita, abito discreto, quasi elegante, capelli mogano stretti in una coda alta e severa, occhiali da vista; carina. Asia, una fotocopia con un metro di gonna in meno, trucco più intenso, ciuffi arricciati lasciati in giro per le spalle scoperte. Una simpatica scia di ormoni legata in coda. Bella, più o meno. Resa molto più bella dall'ubriachezza evidente e dalle scarpe col tacco brandite in mano.
- Asia, aspettami...oh -
Therese fissa i tre. Ritter le sta guardando già da un pezzo, in modo piatto, fermo. Scientifico. Passa la lingua fra le labbra, molla la canna a Will, in modo perentorio. Therese schiarisce la voce, gestendo la gemella che si esibisce in giravolte pericolose per la sua intimità.
- Scusate, la dovevo far passare di qui. I nostri genitori sono di sopra-
William sorride, amabilmente, spiaccicandosi in viso un sonoro 'non c'è problema'. Ma Eleazar, gambe accavallate, replica per primo
- Anche i nostri, per fortuna. Spero ci restino -
Asia apprezza molto l'umorismo; oppure ride a caso. Adorabile oca.
- Eleazar, ho la... mmmmmmm... ahaaaahahaha, non sono mica ubriaca eeeeehhh - già.
Eleazar sghignazza. Non commenta, si procura una sigaretta.
- Puoi lasciarla nella stanza laggiù .- indica Keynard, solerte, dando un paio di tiri al bloom.
Al momento vorrebbe riprendere la discussione con Holden, benché le cosce di Asia restino comunque una distrazione notevole, terribile, persino per un giovane romantico. E fatica a mantenersi concentrato sui massimi sistemi.
Therese ringrazia, e conduce Asia a fatica verso il giaciglio, oltre la porta. Torna indietro. Ritter le dedica un sorrisetto asimmetrico, studiatamente comprensivo. Lei sorride a sua volta, svicolando per le scale con la rapidità di un'educanda, sottile e un poco tesa.
Silenzio.
Rumore di suole sul pavimento. Ritter abbandona il pianoforte.
- Questo pianoforte costa migliaia di dollari. I mandriani di Mexican ci mangiano due secoli e mezzo. Divertitevi .- ironizza, scaltro, puntando i gradini.
Ovviamente. Non la stanza. Non la gemella cattiva.
La gemella buona.
William non si trattiene, ride un sacco. La canna lo aiuta a tenere alto il cuore. E anche la scena del suo migliore amico che s'appresta a circuire la purissima gemella Rodin gli strappa un ghigno da statua spettinata.
- Incredibile -sentenzia, contemplando le scale lasciate deserte dallo svicolare elegante di Eleazar. -Con quel naso, come ci riesce? -chiede a Carter, in una falsa innocenza.
Holden ha la testa incassata tra le spalle. Un po', è turbato. Lui è quello che aspetta la principessa devota da svegliare. Con tanto di cavallo bianco e di calzamaglia azzurra. Rientra ancora un po' quando sente William ridere in quel modo. Pensa che possa essere la roba che fuma, non ne capisce granché, si sente a disagio. Però sorride anche lui al commento sul naso di Ritter, è impossibile non farlo. Anche il suo sorriso è un po' timido e molto genuino. E' un bel sorriso, che risale il viso asciutto, su per gli zigomi alti, fino agli occhi.
William torna a catalizzare le proprie attenzioni fumose su Carter, a metà di un tiro che gli annebbia il cervello. Sghignazza di nuovo, si strofina il naso col dorso del braccio.
 Asia Rodin, nella stanza vicina, becera qualcosa a metà tra il canto stonatissimo e la lamentela piagnucolosa da dramma stomacale. Una gattina presa a sportellate.
- Ti prego Carter, suona qualcosa, prima che mi sanguinino le orecchie - il sarcasmo è accompagnato da un sincero incentivo, da un afflato artistico saldo. Will strizza gli occhi, scrolla la testa. Si riprende.
- Mh mh, sì -specifica.-
 Più che sedere al pianoforte, Holden si accascia. Anche l'idea dell'alcol lo turba. Cuoricino. Un paio di mesi a Gào Shì e il suo punto di vista cambierà radicalmente. Sfiora i tasti con tenerezza, con reverenza, quasi fossero quella principessa da svegliare che aspetta. Magari è così. Esita solo un po', ma via Ritter, è a suo agio con William e muove le dita lunghe come ragni aggraziati sulla tastiera. Produce note soffici, placide. Le mani sono l'unica parte che coordina, la cicogna.
Non ha bisogno di una canna, per quanto cerchi di contenersi assume un'espressione vagamente estatica. Si è liberato di quel suo corpo sgraziato e ingestibile, è musica pura, vibrante.
William è nel suo mondo. Un virtuoso al pianoforte. Bloom. Presunte chiacchiere intellettuali alle spalle. Perfetto. Poggia il gomito sul piano, la faccia sulla mano, ascolta con attenzione affettata. È attento davvero, ma nella paura di non sembrarlo (visto che è drammaticamente cosciente della propria... incoscienza) si sforza di tenere un contegno eccessivo, per un sedicenne poco lucido. Ogni tanto il capo ricciuto svicola dalla presa e per poco non cade con la tempia a batacchiare sul legno. Approfitta di una pausa (dopo svariati minuti... moltissimi minuti) per chiudere la bocca lente per lo stupore sincero (infantile)
-Cristiddio Carter, sei un fottuto genio del pianoforte o cosa? Tieni! - gli passa dunque la paglia, in gloria, manco gli consegnasse la coppa del Parnaso.
Ripiombato alla realtà, Holden arrossisce con una certa violenza, non solo per le risatine e per gli altri effetti sonori generati da Asia Rodin in smaltimento sbornia. Tamburella le dita sulla cassa, spiazzato dal gesto di William. Rimane per un secondo come un cretino, mentre cerca il modo per dirgli
- Ah, io non...- poi, è un attimo. L'aria gli porta la voce di sua madre. Leggera, decisa, con quel metallo ammantato di garbo che conosce bene. Ora. Basta aprire un qualunque manuale di psichiatria per avere conferma di quanto il rapporto madre-fruttodelsuogrembo possa essere dannoso per il secondo elemento dell'equazione.
Holden si avventa sul suo trofeo. Fuma. Tossisce. Povera bestia, che ne deve capire, lui. Ride, sentendosi una sorta di eroe indecente. E' andato.
Will osserva compiaciuto il suo amico (?) musicista fare quello che fanno tutti i musicisti degni di questo nome (nella sua testa). SI DROGANO (???). Ride a sua volta, perché Carter ride. Il baccano di Asia Rodin in camera ospiti lo spinge pressoché a piegarsi dallo spasso. Inusitatamente. Per poco non gli lacrimano gli occhi
-Aaaaaahhh, dovresti vivere di questa roba, sai -si ferma, strabuzza lo sguardo celeste. Scoppia a ridere di nuovo, simpaticissimo, spalmando la destra in faccia e facendo cenno di attendere alla cicogna-romantica con la sinistra, in modo arraffazzonato.
- NO NO NO, non... non... non uuuhh... non la bloom eh... il... il pianoforte. Il pianoforte - ce l'ha fatta. Ha espresso un concetto. Importante. Fondamentale.
Anche il nostro airone si è un po' sciolto. Ride divertito di fronte allo spettacolino offerto dal suo nuovo (e unico) amico. Non è tanto il fumo, quanto la sensazione di condividere qualcosa con qualcuno, di aver scoperto un suo simile. Comincia anche lui a trovare seriamente divertenti gli schiamazzi della Rodin momentaneamente single.

Intanto Heathcliff Carter si ferma a breve distanza, oltre la porta a vetri. Un accendino ne mette in luce il profilo per qualche secondo, poi è di nuovo buio. Ha avuto sedici anni anche lui. Più di una volta. Lancia il pacchetto vuoto sul simpatico duo.

Keynard si spaventa più del dovuto. Si sono mangiati un purino d'erba (con l'aiuto di Ritter che, onor del vero, gestisce le conseguenze a dovere. Langue appoggiato alla balaustra del balcone, crucciato, abbracciando la zuppiera cocktail delle fragole zuccherate; brandisce il ramaiolo per smaltire la chimica potentissima e la sveltina tra le frasche). Insomma, sì, il pacchetto spaventa Will, lo fa trasalire un attimo. Le pupille divengono puntiformi, il celeste occupa tutto lo spazio disponibile. Un ricciolo biondo cade davanti alla faccia a segnare il momento drammatico. Vorrebbe avere una reazione diversa.
- C'è tuo fratello - tautologie amorose. Indica con il dito, in modo preciso, pedissequo.

Heathcliff non parla, ma quando ottiene l'attenzione dei due prodi allarga le braccia in un muto quanto eloquente eccheccazzo. Indica l'interno.

-Holden - lo richiama sua madre, strizzando gli occhi al buio. - Holden. Alexandra vuole salutarti. - il suo tono non è quello di chi è disposto ad attendere.

- C'è mia zia. Oh - nota William, lapalissiano. - C'è anche tua madre -prosegue, nella puntigliosa elencazione del disastro. Per fortuna le ha individuate dalle voci, e non dalle figure in presenza. Ma non hanno molto tempo. Sfila la canna dalle dita di Holden, la butta per terra e la pesta sgamosissimo con un piede. Odorano di... piantagione. Ettari di piantagione. A questo punto può ridere di nuovo, beota, e soddisfatto.
Holden annuisce solenne a quell'elenco.
- Tua zia vuole annusarmi - gli riporta il succo del richiamo di sua madre - Cioè. - ci pensa un momento- Salutarmi. - ci pensa ancora un momento - Puzzo di fumo. Se ne accorgerà. - e ciò pare non essere necessariamente negativo. Insomma, se può infliggere un altro colpo a sua madre...
William gli rivolge uno sguardo intenso, da problem solver.
-Puzzi.- sentenzia, in effetti.
-Holden.- chiama ancora Alana.
-Cheppalle.- commenta la cicogna.
Ridono insieme, quelli che cambieranno le cose.
William si spalma una mano in fronte, si cerca un ricciolo come se fosse il fulcro della questione.
Holden si alza, tornando alle usuali vette.
-Cheppalle.- ripete, con un ghigno. Si salutano così.


Una mattina del 2510 Holden Carter,nascosto in un rifugio su Shadetrack, leggerà il nome di William Keynard sul bollettino dei morti in guerra.
Si accorgerà di non avere più pensato a quel ragazzo entusiasta e puro in tutti quegli anni. Ci penserà in quel momento. Si sentirà una merda. La voce delle esplosioni al posto di quella dei musicisti itineranti in sottofondo, rifletterà che non c'è proprio più un cazzo da salvare, nel 'Verse.