mercoledì, febbraio 22

like spinning plates

scritto su carta, inchiostro azzurro, qualche correzione, mano poco ferma.
[Hall Point, monolocale]


Montezuma ha ragione ad essere fatalmente incazzato con me.
Me lo dimostra infilando le sue maledette unghie dritte sotto pelle.
E' come avere un vitello a motore sulle ginocchia. Dannato gatto.
Mi staccherei la testa a morsi se già non mi bruciasse tanto da rendere l'operazione inutile. Devo scrivere, mi fa bene, lo so. Merito una qualsiasi morte dolorosa a discrezione del cielo (?).
Sono uno stronzo.

Vado su Greenfield tipo, l'altro ieri. Una vita, dall'ultima volta (davvero, quando?). Vago simile ad un imbecille per i campi e le vacche, con un tasso etilico orrendo: rischio l'autocombustione all'accensione d' ogni sigaretta. Poi mi passa la sbornia, e con la sbornia passa anche il sacro fuoco dell'amicizia.



Prima di partire mi metto in tasca la foto di William.
Mi metto in tasca la foto di William, quella dove ride tipo uno scemo, e la sventolo in giro sperando che qualcuno mi confermi: "ah, certo, William Keynard, quel fascinoso avvocato del Core, pieno di carisma, cervello, giovinezza eccetera eccetera eccetera".
Mi aspetto che tutti conoscano William, non so perchè. Mi aspetto che tutti sappiano di William prima che io gliene parli. 
Perchè è più facile, se non sono sol Volevo rintracciare Verdiana. Forse no. Magari mi serviva solo una scusa triste per trascinarmi in giro a propagandare, a prostituire un amico morto quasi mille anni fa (cinque...). La ragazza non l'ho trovata. Meglio. In qualunque caso, vederla mi avrebbe urtato: troppo dolore, troppo poco dolore.

Ho bevuto esageratamente.
E l'ho fatto in nemmeno un'ora.
Sono tornato a casa da un'ora.
E sono un dottore. Figuriamoci se contrabbandassi alcolici.

Su Greenfield ho incontrato una donna.
L'avevo già vista allo Skyplex.  Si chiama Eir.
Eir. Non so se sappia cosa implica il suo nome. Credo di no. Meglio per lei.
Presumo sia un caso. Tre lettere, messe assieme armoniosamente, oltre l'esigenza di senso.
Posseggo ancora quel libro terrestre, trafugato al vecchio Ritter in tempi non sospetti. Cade a pezzi, ma quanto meno è in inglese.
Quintali di pagine. L'enciclopedia. Enciclopedia dei miti, titola in copertina. Ricordo quando Sandor mi esasperava infinitamente con questa roba del
M' è tornato in mente solo stamani, di Eir. Sono andato alla E. Salta fuori una roba assurda, dai menadri di culti dimenticati.
Eir: divinità protrettrice dei medici, dei guaritori
Ho riso per un quarto d'ora, non so perchè. Amo le coincidenze colte.
Eir significa aiuto, misericordia. Risveglia i morti dai campi di battaglia.

Sto impazzendo?

Una brava persona. Ovviamente non la conosco. Mi guardo bene dal conoscere le brave persone, pare.
Siamo stati incredibilmente tristi, nello stesso metro quadrato, per almeno dieci minuti.
Suppongo. Mi concedo raramente il lusso d'esser triste  (frase davvero imbecille, è imbarazzante quanto io sia imbecille).
Poi sono crollato a dormire. Mi è venuto il dubbio, soltanto dopo, che forse volevo addirittura portarm


Stanotte l'ho trascorsa con Evah.
Ho praticamente dilapidato uno stipendio. Che meraviglia. Ho uno stpendio da dilapidare.
William mi sfotterebbe in modo irreprensibile, infaticabile. Spendere il proprio denaro in alcolici, droga e sesso puzza di banalità dilagante. Con gli anni divento banale; regeredisco all'adolescenza.

Evah è bella in modo lancinante.
E' bella; è cattiva.
Non nell'accezione di crudele. Piuttosto egoista, biologicamente nata per vincerti addosso, per calcarti la fronte.
Giochiamo. E non dirò in modo sofisticato: qualunque gioco è più sofisticato della seduzione d'un maschio adulto. Giochiamo a carte scoperte. Il punto, la parte migliore.
Forse Evah mi ritiene ricco; medico, figlio di Herzog Ritter... rimarrà delusa scoprendo quanto spendo male le mie credenziali.
E' d'una intelligenza perturbante. Non so se un tipo del genere sarebbe praticabile nel mondo dell'emotività reale. A una donna così bella puoi perdonare il cervello solo se condito d'una certa umanità. D' una qualche tenerezza. E' un discorso da vile, ma è la verità. Forse. Non ci ho mai riflettuto né capito a sufficienza.

La gente s'aspetta che io soffra.
Il fatto è che non soffro.
Non mi sento dentro una tragedia.
Non mi sento proprio niente, dentro.

Tra tre ore lavoro. E' una sfida al licenziamento.